DOMMA

 

domenica, 28 agosto 2011

DOMMA

 

In altri tempi il popolo credeva che il suo destino consistesse nell’essere la proprietà di qualcuno; e questo domma era tanto profondamente radicato nel suo cervello, per il fatto che tutti gli altri dommi, tutti gli insegnamenti che costituivano la sua vita intellettuale, tutte le azioni che formavano la sua vita materiale, tendevano a mantenerlo in questa convinzione. Perciò, quando faceva una rivoluzione, non aveva altra speranza se non quella di cambiare un cattivo padrone con un padrone meno cattivo, o di sottrarsi ai capricci e ai furori d’una casta, soltanto per darsi ad un’altra casta, ritenuta meno insolente e meno crudele. Il popolo seguiva soltanto il cieco bisogno del momento senza fare alcuna previsione per l’avvenire. Quando questo bisogno era soddisfatto, o quasi, dimenticava completamente le sofferenze che l’avevano generato e si adattava così alla schiavitù, come mai prima aveva fatto. E la continuità stessa della sua miseria fu il più solido puntello per la potenza dei suoi nuovi padroni: perché mai si sarebbero dovute fare delle rivoluzioni, dal momento che ognuna di esse lo lasciava sempre nella medesima condizione? Tuttavia la storia ha constatato da parte sua che numerose rivolte vennero effettuate. Ma il popolo ricorreva a questo sistema, il solo d’altra parte che fosse a sua disposizione, soltanto quando le torture subite o il fanatismo, che gli suggeriva l’idea di dover obbedire ad un padrone. ( meditazione su: Né castelli né capanne di Jean-Jacques Pillot).

 

 

 

IL  GATTO  DELLA  CASA

 

Entra per una porta

 

per un finestrino

 

per una finestra, se te la scordi aperta

 

quando meno te l’aspetti.

 

Per (sopra) i tetti

 

da una terrazza all’altra

 

si lascia sdrucciolare per la cappa del camino

 

e neanche te n’accorgi

 

quando è entrato:

 

per (sopra) il cornicione

 

plòffete nel balcone

 

e fa colazione

 

nella cucina tua.

 

E’ il gatto della casa.

 

Padrone non ne ha.

 

Non è che gli voglian male

 

ma lui lo sa

 

che neanche gli voglion bene.

 

Ti guarda con due occhi spiritati

 

sospettoso.

 

Ne ha avute scarpe dietro, e inseguimenti:

 

è ladra.

 

Povera bestiolina, cosa ha da fare?

 

E’ ladro, perché vuole mangiare.

 

E’ ladro…

 

Questo dice la gente;

 

ma io non ci credo perché, dammi retta:

 

tu lasci in cucina,

 

che so io…

 

una salsiccia?…

 

lasciala involta

 

in un bel biglietto da mille lire.

 

Torna l’indomani:

 

il biglietto – che credi? – lo ritrovi

 

Magari unto

 

ma è là.

 

-Eduardo De Filippo-

 

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