MIA

 

VENERDÌ, 29 LUGLIO 2011



Sabina: estate 2011.


MIA

Galileo Galilei scoprì che il sole non girava intorno alla Terra immobile verso il 1610, Newton scoprì le leggi dell’inerzia applicabili ai massimi sistemi intorno al 1632, Cristoforo Colombo scoprì l’America nel 1492, la donna scoprì il suo corpo negli anni 1970. Bisognerà pure decidersi a inserire fra le conquiste più emozionanti dell’umanità anche questa, fatta un giorno da una metà del genere umano. Fino a quella data la donna il suo corpo lo aveva avuto in prestito, in realtà apparteneva ad altri. Mortificare. Reprimere. Nascondere. Adattare. Dedicare: questi i verbi del vocabolario infantile della bambina fin dal momento in cui la levatrice constatava che era venuta al mondo una creatura di seconda classe, dotata di un ”non sesso”, che era utile sì, ma non protagonista nella vita di tutti. Poiché era così, più debole, più piccola, più modesta nelle prospettive, doveva essere sostenuta da una specie di busto di gesso fatto di regole comuni, di ordini, di leggi entro le quali imbrigliare la sua vita e le sue aspirazioni. Prima condizione per non perdersi nel grande mondo, l’ignoranza. Quante parole anche di poeti si sono sprecate per esaltare la deliziosa ignoranza di bambine, di ragazze, di donne e di madri. Al corpo capitano cose spaventose (oh, maledetto corpo, perché non essere tutte spirito?): i seni pesano e la adolescente commina curva, il ventre sanguina o si gonfia, certi organi possono ammalarsi e condurti alla morte. Ma lei, la proprietaria del corpo non sa, e non saprà mai a meno di trovare un ”gestore” abbastanza illuminato, che cosa le succede. Anche i figli sono dell’uomo. L’uomo li crea dal nulla e te li affida, tu li nutri, li partorisci, li allatti, li allevi, perfino quando il tuo corpo stanco grida ”basta, non ce la faccio più, fatemi riposare!”. Dove sarebbe finito, si pensava, lo squisito ”pudore femminile” se alle richieste del corpo femminile fosse stata data una voce? E l’uomo a cui la donna tutta intera era stata affidata con cerimonia pubblica al momento del matrimonio, non avrebbe considerato di avere a fianco una scostumata? Viso, capelli, seni, ventre femminili sono stati nei secoli specie di suppellettili di famiglia tenute sotto chiave dal padre, sorvegliate dai fratelli, affidate infine al marito avente diritti di proprietario. Il vocabolario amoroso è ricco di illuminanti espressioni. ”Sei mia” ”Da quando ti ho posseduto”. A cui corrispondono su bocche femminili dichiarazioni da resa incondizionata: ”Mi ha presa” ”Gli ho ceduto” ”Mi ha fatta sua”. Ribellarsi? Rivendicare il diritto a una sessualità ”da protagoniste” e che andasse di pari passo con quella maschile? Ridicolo. Impossibile. Nelle casse in solaio di molte famiglie sono conservate ancora camicie da notte della nonna, simili a quella dell’eroina del ”Gattopardo”: enormi tubi di grossa tela con un buco sotto l’ombelico e la scritta sul cuore: ”Non lo fo per l’amor mio, ma per dare figli a Dio”. Più la donna voleva essere giudicata onesta, più il suo corpo doveva apparire insensibile. Ultima tagliola alla conoscenza e alla gioia dei sensi, la maternità. Gloria delle glorie era di un certo momento della vita, l’annullarsi nei figli. Madri disfatte dalle gravidanze e dagli aborti, trattate come animali dai mariti che non le desideravano più, si convincevano che il mondo volesse da loro l’estremo sacrificio di non essere più donne, di perdere giovinezza, allegria, interesse per la propria vita. Il corpo avvilito e rinnegato, nascosto e mutilato, il proprio corpo affidato ad altri, pesava come una zavorra di cui non era facile liberarsi. E non ci se ne è liberate. Anzi si è cominciato puntigliosamente a rimettere in discussione il concetto stesso dell’amore, qualcosa che unisce uomini e donne e crea gli stessi diritti, il concetto della maternità che anziché eclissi della vita femminile deve essere libero e responsabile impegno, il concetto della scelta di quando e quante volte essere madre, il concetto della prevenzione delle maternità indesiderate e della possibilità di annullare senza rischi per la salute e per la vita quella gravidanze che fossero frutto di errore, di violenza e mettessero a repentaglio la vita della donna. (meditazione su: Un corpo in prestito. Oggi la donna ha scoperto di appartenere a se stessa tratto. NOI DONNE, 18 maggio 1975).

IL NIDO DELLA FELICITA’
Eccola, è tutta qui
nella nostra piccola casa,
la dolce felicità!
Non la cercate lontano:
volersi bene, darsi
dolcemente la mano,
parlarsi cuore a cuore,
godersi insieme ogni gioia,
è questa la felicità!
Non la cercate lontano:
essa è qui prigioniera
nel nostro nido piccino
che le bufere non sa.
Facciamo piano, ma piano!
Non la sentite? Nel cuore
batte soave e sincera
la nostra felicità.
-Graziella Ajmone-
(Lo zufolo del pastorello. La scuola. Brescia)


THERIOS: 
Santa Inquisizione: sono i crimini del cattolicesimo oppure della chiesa medioevale?

LA MASSIMA DEL TERZO MILLENNIO:

Le agenzie di rating hanno declassato ulteriormente il debito Greco. Sono dei delinquenti che concorrono in modo decisivo alla speculazione e all’impoverimento del popolo greco. Queste agenzie guidate da speculatori fanno profezie che si autoavverano grazie ad altri speculatori. Occorre mettere la mordacchia a questo capitalismo finanziario obbligando la BCE a comprare direttamente i titoli di stato greci. (Paolo Ferrero).




Pace e Lavoro di Guttuso.



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