INDIATO
lunedì, 18 luglio 2011
INDIATO
Che fatalità. Ciò che forma la gioia dell’uomo è insieme sorgente della sua miseria. Quel mio caldo e pieno sentimento della viva natura, che mi inondava di tante voluttà e trasformava in paradiso il mondo intorno a me, ecco che mi si è mutato in carnefice intollerabile, in spirito tormentatore che mi insegue per ogni dove. Una volta, quando dalla rupe contemplavo la fertile pianura fino alle colline laggiù oltre il fiume, e vedevo ogni cosa intorno a me in germe e in succhio; quando scorgevo quelle montagne vestite di folti alberi dal piede fino alla vetta, quelle valli ombreggiate da ridenti selve nei loro capricciosi meandri, e il fiume benigno tra i giunchi mormoranti scorrer via rispecchiando le care nubi che la brezza serale cullava in cielo; quando udivo gli uccelli animare la foresta intorno a me e i moscerini danzare a miriadi nell’estremo rosso raggio del sole e il ronzante scarabeo liberarsi dall’erba a quell’estrema luce; e un ronzio, un brulichio intorno a me attirava i miei sguardi al suolo; e il muschio che dalla rupe sa trarre il suo nutrimento, e la ginestra che cresce sull’arida collina sabbiosa mi svelarono l’intima ardente e sacra vita della natura; come il mio caldo cuore abbracciava ogni cosa, mi sentivo come indiato in quella dilagante pienezza, e le splendide figure dell’infinito universo si muovevano vivificanti nell’anima mia. Enormi montagne mi circondavano, stavo sull’orlo d’abissi dove torrenti montani si precipitavano, fiumi scorrevano sotto di me, foreste e montagne risuonavano; e nelle profondità della terra le vedevo operose e creatrici, le imperscrutabili forze; e frattanto sulla faccia della terra e sotto il cielo brulicano le generazioni delle svariate creature. Tutto, tutto è popolato di mille forme diverse; e gli uomini si riparano e annidano nelle loro casupole e credono di regnare sul vasto mondo.
I N D O V I N A L’ I N D O V I N E L L O : c h i è L’ A U T O R E ? ? ? ? ? ? ?
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