STRILLONE

 

domenica, 12 giugno 2011

STRILLONE

 

Mia madre disse che non ero abbastanza grande per girare nelle strade, ma io non potevo capire: non mi pareva di appartenere a un periodo della vita tutto particolare. Sapevo solo di essere vivo. Cominciavo a sentirmi inquieto e volevo andare in giro a far rumore. Volevo fare qualche cosa e vedere che cosa accadeva. Aspettai una settimana e poi tornai alla carica. Mio fratello mi disse che non potevo vendere i giornali perché dovevo almeno avere dieci anni. Una settimana dopo quando tornai a chiedere se potevo vendere i giornali ci azzuffammo. Un’ora dopo la zuffa mi disse che ne avrebbe parlato al signor York. Dichiarai che volevo cominciare a guadagnare. Una sera mio fratello mi disse che domani, quando uscivo di scuola, potevo andare all’ufficio dell’Herald. Entrai nell’ufficio attiguo alla rotativa che stava facendo rapidamente le linde copie dell’edizione della sera. Era uno spettacolo bellissimo. Non avevo mai visto niente di più bello. La macchina, fatta dall’uomo. Mi appariva più grande della natura. Era nera e massiccia e il suo rumore faceva pensare al correre degli avvenimenti. Impressionato, presi la mano di mio fratello. C’era nell’aria odore d’inchiostro e di carta e d’olio caldo, e l’odore di mille pezzi di macchine formanti tutti una unità, che lavoravano incredibilmente veloci. Il Modo stesso con cui venivano riuniti e piegati e ammassati i giornali era semplicemente delizioso. I muri della stanza erano coperti di fotografie di pugili, di attrici, di corse di cavalli e di grandi uomini come il presidente e il governatore dello Stato. Ebbi l’impressione di entrare nel cuore della vita. Feci uno sforzo per sembrare molto intelligente perché pensavo che un giornalaio dev’essere intelligente. Stavo dritto più che potevo, e sorridevo in modo (lo speravo, almeno) da rivelare tutto il mio spirito, il mio coraggio e la mia energia. Sono certo che avevo un’aria idiota. Prima di rendermene conto ero nella strada con una mezza dozzina di giornali sotto il braccio. Era strano provar l’effetto della mia voce sui passanti. Sulle prime, gridare mi sembrò poco naturale, ma dopo un po’ diventò semplice, come cantare, e mi ci misi con tutte le mie forze. Era magnifico avere il diritto di far chiasso nella città. Era un privilegio e un onore poter stare fra gli edifici cittadini e gridare. Vendetti solo quattro giornali e guadagnai solo dieci centesimi di dollaro, ma quel giorno mi sembrò un successo perché avevo imparato a gridare e a conoscere gli altri strilloni. Accaddero uno o due cose che mi spaventarono un po’, ma non me ne curai molto. Uno strillone più anziano mi ordinò molto garbatamente di abbandonare il suo angolo e di non avvicinarmi più. E un poliziotto mi guardò. Eppure quella sera rincasando mi sentii molto importante. La rotativa mi affascinava: passavo molte ore a guardarla quando lavorava e quando era ferma, e a guardare gli uomini che la tenevano in ordine.

 

… Io continuavo a strillare e più strillavo e più capivo che doveva essere così, perché il linguaggio del cuore è troppo delicato per essere messo in stampa. Sollevai anch’io non poca confusione nella città. Alla fine del giorno, tutti i miei giornali erano venduti, ed avevo in tasca una quantità di monetine di nichel e di bronzo. Non pensavo più affatto alla volgarità, alla bassezza e all’orrore di quel che fa la gente del mondo. [riflessione su un frammento della novella: Recentissime di William Saroyan].

 

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LA STAMPA

 

Havvi una luce che non può celarsi,

 

E si diffonde per l’immensa terra;

 

E che ai tiranni ed all’error fa guerra,

 

E congiunge color che sono sparsi.

 

 

 

Divisi in pochi erano i veri e scarsi;

 

Or sono un pane che a nessun si serra:

 

E il popolo sen pasce, e tosto atterra

 

Chi venga contro il Vero ad accamparsi.

 

 

 

Per lei vola il pensier di gente in gente,

 

Cui l’elettrica forza ha date l’ali,

 

Che al fulmine rapì visibilmente.

 

 

 

E che tanto concesso a noi mortali

 

Fosse, pareva un sogno della mente:

 

Bello è il saper che giunse a farci eguali!

 

-Giambattista Niccolini-

 

[Bagni di San Giuliano (Pisa), 1782 – Firenze, 1861]

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