QUELLE BESTIE
giovedì, 17 febbraio 2011
QUELLE BESTIE
Se dovessi dire che cosa mi ha fatto più impressione oggi, direi che sono state le grosse mani piene di geloni di Jan Bool. Di nuovo qualcuno è stato torturato a morte: quel dolce ragazzo della Libreria Cultura. Ricordo che suonava il mandolino. Aveva una ragazza simpatica che era poi diventata sua moglie, e c’era anche un bambino. Quelle bestie, diceva Jan Bool nel corridoio affollato dell’Università. Lo hanno fatto a pezzi. E Jan Ronein e Tielrooy e diversi altri tra i professori più vecchi e più fragili. Ora sono in prigionieri in una baracca piena di correnti, in quello stesso parco di Veluwe dove, in una pensione accogliente, avevano trascorso le loro vacanze estive. Non hanno neppure il permesso di indossare il pigiama, non possono avere nulla con sé, raccontava Aleida Schot nel buffet. Vogliono abbrutirli completamente, vogliono fargli venire un sentimento d’inferiorità. Moralmente sono forti abbastanza, i nostri uomini, ma la salute dei più è davvero molto fragile. Pos si trova in un convento a Haren, e scrive un libro: così vien detto. C’era un grande sconforto stamattina a lezione. Ma una luce c’era: una breve, inaspettata conversazione con Jan Bool mentre attraversavamo il freddo e stretto Langebrugsteeg, e poi aspettando il tram. Jan chiedeva con amarezza: cosa spinge l’uomo a distruggere gli altri? E io: gli uomini, dici, ma ricordati che sei un uomo anche tu. E inaspettatamente, quel testardo, brusco Jan era pronto a darmi ragione. Il marciume che c’è negli altri c’è anche in noi, continuavo a predicare. Non vedo nessun’altra soluzione, veramente non ne vedo nessun’altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi. E’ l’unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove. E Jan era pronto ad essere d’accordo con me, aperto e perplesso e non più attaccato alle durissime teorie sociali di un tempo. Diceva: sono anche così a buon prezzo, i sentimenti vendicativi rivolti verso l’esterno, vivere solo in funzione di quell’unico momento di vendetta: questo non ci interessa proprio. Stavamo lì al freddo ad aspettare il tram, e col mal di denti. E non erano teorie: i nostri professori sono imprigionati, un altro amico di Jan è stato ammazzato, ma c’è ancora dell’altro, troppo per farne un elenco, e noi ci dicevamo: sono così a buon prezzo, quei sentimenti di vendetta. Era proprio una luce, oggi. -Etty Hillesum,febbraio 1942.
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