IL TRASPARENTE

 

MARTEDÌ, 22 FEBBRAIO 2011

IL TRASPARENTE

 

 Uno che finge, come un commediante, che finge una parte, poniamo di re, mentre è un povero straccione. Che c’è di male in questo? Niente. Dovere! Professione! Quand’è il male, invece? Quando non si è più così ipocriti per dovere, per professione sulla scena; ma per gusto, o anche per civiltà, sicuro! Perché civile, esser civile, vuol dire proprio questo: dentro, neri come corvi; fuori, bianchi come colombi; in corpo fiele, in bocca miele. Per farti sentire com’è quando si parla degli altri. Li guardo da fuori, tu, gli altri; e non te n’interessi. Che cosa sono per te? Niente! Immagini che ti passano davanti, e basta! Dentro bisogna sentirli, immedesimarsi. La vista chiara, aperta, delle passioni, e siano anche le più tristi, le più angosciose, ha il potere, lo so, di promuovere le risa in tutti! Sfido! Non le avete mai provate, o usi come siete a mascherarle, perché siete tutti foderati di menzogna, non le riconoscete più in un pover’uomo come me, che ha la sciagura di non saperle nascondere e dominare. Sentimi dentro di te, sentimi, io soffro. Perché tu non sai che non si contenta di tradire la moglie, d’avere un’altra casa con un’altra donna. No! Ha tre o quattro figli là, con quella di Napoli, e uno qua, con la moglie. Non vuole averne altri. Con la moglie ne ha uno solo. Quelli di là non sono legittimi; e se ne ha qualche altro là con quella, può buttarlo via come niente, in un ospizio di trovatelli, capisci? Invece, qua, con la moglie, no! D’un figlio legittimo non potrebbe disfarsi, è vero? E allora, brutto manigoldo, che ti combina? Ti combina che, nei giorni che sbarca qui, piglia il più piccolo pretesto per attaccar lite con la moglie, e la notte si chiude a dormir solo. Le sbatte la porta in faccia e il giorno dopo se ne riparte. Da tre anni, così. Questa povera signora non ha nessuno che possa legittimamente prenderlo per il collo, questo signore, e richiamarlo ai suoi doveri di marito, si deve lasciar perire così una donna, senza darle aiuto? Per carità! La virtù in persona! Non puoi sapere quanta pietà m’ha ispirato, per tutte le lacrime che ha pianto, quella povera signora. E che bontà, che nobiltà di sentimenti, che purezza. E’ bella, fosse brutta capirei. E’ bella, ancora giovane. E vedersi trattata così, tradita, disprezzata e lasciata in un canto, là, come uno straccio inutile… Vorrei vedere chi avrebbe saputo resistere. Chi non si sarebbe ribellata. Che ridi, che ridi, animalone? C’è in vista una tragedia, e tu ridi? Una donna minacciata nell’onore, nella vita, e tu ridi? Dobbiamo forzarlo, quest’animale che non capisce la bellezza modesta, pudica, che nasconde i suoi tesori di grazia. Hai tanta paura che la tua vergogna non avrà nemmeno il coraggio d’arrossire. Siamo tutti qua per costringerlo a fare il suo dovere, a costo di farmi scoppiare il cuore, dalla rabbia, dall’angoscia, dalla disperazione. Uno come me, che non ha mai finto, che ha gridato sempre in faccia a tutti la verità. La sorte di una famiglia, la vita, l’onore di una donna, la mia stessa vita, tutto è sospeso. Anima mia, perdonami, credi, soffro più di te, di codesto tuo strazio, che dev’essere atroce. M’ucciderei, credi, m’ucciderei per non veder codesto spettacolo della virtù che deve prostituirsi così. Su, su… è il tuo martirio, cara! Bisogna che tu lo affronti con coraggio. E tocca a me fartelo, il coraggio. Sorridente… sorridente, cara. Provati, forzati a sorridere. Come, ti rimetti a piangere? Ridevi così bene! Ah è la disperazione, lo so. Su, su, basta! Finiscila, mi fai impazzire! Mi fai impazzire! Su, stai su, zitta! Voglio che tu stia zitta. Ti debbo dipingere! Asciugati bene gli occhi, le guance, sei pallida, sei smorta. Come vuoi che la bestia capisca la finezza del bello delicato, la soavità della grazia malinconica? Ti dipingo! Ecco, aspetta. Prima le guance… Così… così… Per lui, che non capisce altro, devi essere come una di quelle… Così… La bocca, adesso. Dov’è il cinabro?… Qua, ecco… Schiudi un po’ le labbra… Ecco, aspetta… così… Non piangere. Sciupi ogni cosa! Così… così… Gli occhi, adesso. Devo annerirti gli occhi… Ci ho tutto qua… ci ho tutto… Chiudi gli occhi, chiudi gli occhi… Ecco… così… così… così… E ora ti rafforzo col lapis le sopracciglia… Così… così… così. Lasciati vedere adesso! E ora, mi dica, se vale di più quella signora di Napoli! Sei come devi essere per lui! Non deve più riconoscerti. Deve vederti così. Quella che ci vuole per lui. E tu la darai a lui, codesta maschera, alla sua bestialità! Sotto di essa, sei poi tu, che ne spasimi; tu come sei per te stessa e per me, cara! E tutto il nostro amore! Ma bisogna che tu la abbia, almeno, un po’ di fiducia! Può giovare, credi, se ne hai, ad attirarlo! Sì! Sì! Io credo nella forza dello spirito! E tu devi averne! Pensa che, se no, c’è l’abisso aperto per noi! Io non so che faccio, non so che faccio domani! Per carità, anima mia! Sì… Sì… ecco… così… Oh santa mia! Io ti prego, ti prego di farmi trovare un segno domani, domani all’alba. Questa notte io non dormirò. Verrò domattina all’alba, davanti alla tua casa. Se è sì, fammi trovare un segno; ecco, guarda, uno di questi vasi di fiori qua, alla finestra della veranda là, perché io lo veda dalla strada domani all’alba. Hai capito?…. E che non sono donne, le mogli? Che cosa sono? Un marito saggio, dunque, non se ne dovrebbe mai dimenticare! Io le difendo! … Sono un uomo onesto, sono un uomo di coscienza. Sono un uomo che si può anche trovare, senza volerlo, in una situazione disperata. Ma non è vero che vorrei servirmi delle mogli degli altri! Perché se fosse così non avrei detto che un marito non dovrebbe mai trascurare la moglie. Un marito che trascura la moglie commette un delitto! E non uno solo! Più delitti! Sì, perché non solamente costringe la moglie -che può anche essere una santa donna- a venir meno ai suoi doveri verso se stessa, verso la sua onestà, ma anche perché può costringere un uomo, un altro uomo, ad essere infelice per tutta la vita! Sì! Sì! Legato a soffrire di tutto il martirio di quella povera donna! E chi sa! Chi sa! Ridotto all’estremo limite della sua sofferenza, anche la libertà, la libertà può perdere, quest’uomo!… una signora come la sua: la virtù in persona! (meditazione su Paolino. L’uomo, la bestia e la virtù di Luigi Pirandello).

 

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LA NORIA

 

La sera scendeva

 

triste e polverosa.

 

 

 

E l’acqua cantava

 

il verso plebeo

 

dentro i secchielli

 

della noria lenta.

 

 

 

Sognava la mula,

 

la povera vecchia!

 

A quel ritmo d’ombra

 

che nell’acqua suona.

 

 

 

La sera scendeva

 

triste e polverosa.

 

 

 

Non so che nobile,

 

divino poeta,

 

unì all’amarezza

 

dell’eterna ruota

 

 

 

la dolce armonia

 

dell’acqua che sogna,

 

e bendò i tuoi occhi,

 

mia povera mula!…

 

 

 

Fu certo un nobile,

 

divino poeta,

 

dal cuore maturo

 

d’ombra e di scienza.

 

-Antonio Machado-

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