IL FIO
SABATO, 19 FEBBRAIO 2011
IL FIO
Dammi spazio di vita, dammi, o Giove, molti anni, questo con
la faccia normale e tranquilla, questo solo tu preghi di ottenere anche quando
sei pallido in volto: ma di mali quanto continui e quanto grandi è piena una
lunga vecchiaia. Il volto deforme e ripugnante, tu guardalo prima di tutto, è
diverso da quello che era, sformata pergamena al posto della pelle e guance e
rughe tali, quali una scimmia, che già ha partorito, si gratta sulla bocca
vecchietta. Moltissime sono le differenze fra i giovani: quello è più bello di
questo e quello ancora di quest’altro, questi è molto più rugoso di quello. Una
sola è invece la faccia del vecchio; insieme alla voce, tremano le membra, e
già levigato il capo e c’è l’infanzia del naso bagnato; bisogna che il
disgraziato rompa il pane con la gengive… disarmata. A tal punto è di peso alla
moglie [che lo ha, sdegnosamente, lasciato] ed ai figli e a se stesso, da
venire a noia anche al cacciatore di testamenti. Non uguali a prima sono i
piaceri del vino e del cibo, dato che il palato si è fatto torbido; per non
parlare del coito, di cui già lungo è l’oblio, oppure, se ti ci sforzi, giace
morto il piccolo nervo ernioso, ed anche se lo si palpa per una notte intera,
giacerà morto. Può forse sperare ancora questa canizie… del membro malato? Ed
inoltre, non è forse giustamente sospetto quel desiderio, che cerca di
afferrare a sé Venere, pur non avendone le forze? Guarda la perdita subita di
un’altra parte del corpo: che piacere c’è per il vecchio, quando suona e canta.
Il suo pochissimo sangue del corpo già gelido si scalda solo per la febbre; gli
danza infatti attorno, in ordine di marcia, ogni genere di malattia: se ne
domandi i nomi e più prontamente ti svelerò con quanti amanti abbia avuto
rapporti amorosi Oppia, quanti malati abbia fatto morire in un solo autunno
Temisone, quanti soci Basilo, quanti pupilli Irro abbia raggirato, quanti
maschi si succhi in un giorno solo Maura la spilungona, quanti discepoli faccia
piegare per possederli Amillo. Passerei in rassegna più velocemente quante
ville possiede… Ma maggiore di qualsiasi infermità delle membra è la demenza,
che non riconosce né il nome degli schiavi né il volto dell’amico con cui ha
cenato la sera precedente, né quelli che ha generato, quelli che ha fatto
crescere. Per non parlare poi del fatto che il vecchio nella tavoletta crudele
dichiara che eredi non sono suoi parenti, tutti i suoi beni vengono trasferiti
a Fiale: tanto vale l’alito di una bocca… che è veramente da artista, dato che
per molti anni si era prostituita nella cella di un bordello! Chiedi un animo
forte, che manchi del terrore della morte, che ponga l’ultimo spazio della vita
fra le funzioni esercitate dalla natura, che sia in grado di sopportare
qualunque dolore, non conosca l’adirarsi, nulla desideri e giudichi preferibili
le sofferenze e le crudeli fatiche di Ercole a Venere ed alle cene e alle piume
di Sardanapalo. Io mostro cosa tu sia in grado di darti da solo: sicuro è che
il sentiero della vita tranquilla si apre unicamente passando in mezzo alla
virtù. Nessun potere divino tu hai, se c’è negli uomini esperienza di vita;
siamo noi, siamo noi che ti facciamo Dea, o Fortuna, e ti diamo un posto in
cielo… Corriamo a precipizio, e finché giace sulla riva, calpestiamo il nemico
di Cesare… e vedano bene la cosa i nostri schiavi, affinché nessuno dica che
non è vero e, legatogli con una corda il collo, trascini in giudizio il suo padrone
tutto impaurito. Temo molto che Aiace, dichiarato vinto al processo, faccia
pagare il fio, perché è stato mal difeso… (meditazione su Satira decima di
Giovenale).
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
LA MALATTIA E LA VECCHIAIA
Ottimo padre Saturno, per tre cicli
del tuo corso ho vissuto mantenendo
un’esistenza irreprensibile.
La mia forza erano in molti ad augurarsela
come il tenore generoso
dei miei rapporti con i grandi.
Ma adesso, passato il limitare
della tua quarta orbita, è il crollo
e non ci resta nulla del vigore d’un tempo.
Tuttavia, te ne prego, mi assista il tuo favore,
per quanto è possibile, ridammi
la forza, anche se poca, prolungami la vita,
oppure scioglimi, è il momento,
dalla vecchiaia lenta, perché possa
adagiare il mio corpo in una fine tranquilla.
-Naucellio-
Commenti
Posta un commento