BENGODI
domenica, 23 gennaio 2011
BENGODI
Il poeta vorrebbe
andare alla festa, ma, conosciuto, certamente sarebbe respinto dalla
inflessibile sorveglianza. Travestirsi in abiti da donna? Bella trovata,
proprio nel tuo stile. Ricevete, fanciulle, la fiaccola sacra alle dee. Levate
il grido, danzate, dimenticate la nostra libera plebaglia. A quale dio è
dedicata la festa? Dillo e il mio cuore si apre con fiducia a venerare gli dei.
Orsù, musa, celebra Mercato che sulla terra è il dittatore incontrastato. A te,
Mercato, va il nostro saluto col bellissimo canto, a te che a tutte dai gli
omaggi preziosi, gloria nella notorietà. Ma cantate anche in onore della
protettrice, che abita nei lussuosi palazzi. Ecco ti seguo celebrando la sacra
nipote, la vergine. Con i suoni della cetra, in accordo con il battito dei
piedi, le danze mostrano splendide grazie. La cetra dà vita ai canti, con un
grido virile, glorioso, Mercato gode. Una luce è trascorsa negli occhi divini,
al suono improvviso della nostra voce. Com’è dolce il canto per tutte le dee
dell’amore. Un senso di donna come un bacio lungo e intenso, a sentirlo mi è
venuto un certo solletico laggiù. Giovinetto, domanda Marcato, da dove vieni tu
che sei assieme uomo e donna? Qual è la tua patria? Quanto sconvolgimento.
Quanto divertimento Vecchio, vecchio ha sentito il morso dell’invidia. Quando
si scrive il dramma di un uomo nella sua ricchezza c’è cosa serve. Invidio la
tua carriera. Non scaricare i tuoi guai su di me. Fai da matta.
LAMENTO PASTORALE
Donace, sono io colui che tu
soavemente spesso, interrompendo
i tuoi canti, baciavi, e fra le note del tuo flauto
ricercavi le mie labbra sfuggenti.
Adesso più nemmeno ti curi del mio stato.
Son bianco più del bosso, vado errando
sbiadito come viola. I cibi i calici
da Bacco io rifiuto, del pacifico dormire
nemmeno mi ricordo. Senza te
per me infelice i gigli sono neri
e pallide le rose, non è rosso
il giacinto, e inodori il lauro e il mirto.
Ma vieni, e torneranno bianchi i gigli,
rosse le rose e soavemente acceso
il giacinto; ed ancora a me verranno
il profumo del lauro e quel del mirto.
Perché, se amor di Pallade è l’olivo,
se Bacco ama la vite, e il grano Cerere,
i frutti Priapo e Pale i verdi pascoli,
Ida ama te, e te soltanto.
-Nimesiano-
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