ASCANIO


giovedì, 28 ottobre 2010

ASCANIO

Era quasi notte, quando al Comando della 23a Brigata venne comunicato da una staffetta che Ascanio, il comandante della prima squadra unitamente ad un altro partigiano, erano stati catturati nelle vicinanze del Colle Val d’Elsa da un reparto di repubblichini dislocati nella zona per dare la caccia ai partigiani. Già prima che egli partisse dall’accampamento si sapeva che la missione che doveva compiere era pericolosa, che si trattava di passare tra una fitta rete di nemici; ma appunto per questo era stato comandato Ascanio. Egli era tra i migliori dei nostri; già in altre occasioni aveva dimostrato il suo sangue freddo, mai aveva indietreggiato di fronte a nessun pericolo. Il suo entusiasmo nella lotta era non solo motivato dalla volontà di restituire all’Italia la libertà e l’indipendenza che le avevano tolto i fascisti e i tedeschi. Sua madre e suo padre erano stati arrestati e trasferiti al carcere di Pisa per rappresaglia contro di lui che la polizia fascista sapeva partigiano, insieme al suo fratello minore (Panterino). Appena la notizia della sua cattura cominciò a propagarsi nell’accampamento, da ogni squadra cominciarono ad affluire al comando gruppi numerosi di partigiani, i quali volevano ad ogni costo l’autorizzazione a partire per salvarlo, per andare ad uccidere colui che ne avesse ordinato la fucilazione. Mentre tale richiesta si faceva sempre più pressante e da parte del comando se ne valutava la temerarietà per poterla realizzare, giunse la notizia che Ascanio era stato fucilato a Siena e che il suo carnefice era un console della Guardia repubblichina che abitava a Volterra. A questo punto ogni incertezza del comando per frenare lo spirito vendicativo dei partigiani contro gli uccisori di Ascanio fu superata ed al crepuscolo di una sera di aprile del1944 Giacomo, Vipera, e Mosè lasciarono l’accampamento dopo aver preso solenne impegno che il console assassino sarebbe stato liquidato. Giunti nei pressi di Volterra i tre partigiani si divisero in modo da non destar sospetti con l’impegno di ritrovarsi il giorno dopo in un punto stabilito con alcuni membri del CLN locale, onde avere da questi tutte le indicazioni necessarie circa l’abitazione e le abitudini del nemico. Fu appunto durante questa temporanea separazione che Mosè, giunto nei pressi della propria abitazione, fu fermato da due carabinieri, che in quel periodo perquisivano ogni casa di campagna per cercare i renitenti alla leva e i fucili da caccia dei quali il comando tedesco aveva ordinata la consegna. A nulla valsero le sue argomentazioni per giustificare la presenza in quella zona: indossava tra l’altro un paio di calzini inglesi che la formazione aveva ricevuto insieme alle armi e ad altro materiale da guerra dagli apparecchi alleati. Fu subito condotto al comando repubblichino ove venne sottoposto alle torture più atroci affinché parlasse e facesse conoscere chi erano i suoi compagni, e ove si trovavano. Non una parola però uscì dalla sua bocca malgrado ogni tortura: la sua testa venne stretta perfino con le catene. Visto inutile ogni tentativo, i torturatori lo passarono al Maschio di Volterra dal quale venne liberato al passaggio del fronte. Per quanto si riferisce a Vipera e Giacomo essi dovettero allontanarsi subito da Volterra facendo ritorno all’accampamento perché i repubblichini, con l’arresto di Mosè, avevano gettato l’allarme e si erano disposti alla loro caccia. Ma insieme ad essi pochi giorni dopo fece ritorno alla Brigata anche Ascanio il quale, consegnato dai repubblichini ai tedeschi perché lo fucilassero, era riuscito a salvarsi e a fuggire dal carcere con l’aiuto del CLN di Siena. -Un episodio della lotta nella zona di Volterra raccontato da Niccolo Mezzetti-

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 VORREI VEDERE
 Nell’umanità vorrei vedere
 nuovi occhi e nuovi sorrisi
 e respirare un’aria diversa,
 che nell’allargare i polmoni
 ingigantisse anche i cuori.
 Vorrei sentire,
 nelle strette di mano,
 il sentimento che tutti accomuna
 trasmettersi dall’uno all’altro braccio
 fino a toccare il cuore
 e dal cuore scaturire,
 come soffici sinfonie,
 in parole d’amore.
 -Renzo Mazzetti-

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