INEGUAGLIANZA
sabato, 25 settembre 2010
INEGUAGLIANZA
Per essere trattata in presenza delle signore, la conversazione sui diritti delle donne presentava dei punti scabrosi, come ad esempio quello dell’ineguaglianza fra i due sessi nel matrimonio. Durante il pranzo Pescòv aveva accennato varie volte tali questioni, ma Sergèj Ivànovic e stepàn Arkàdic lo avevano prudentemente distolto. Quando però si alzarono da tavola e le signore uscirono, Pescòv, senza seguirle, si rivolse ad Aleksèj Aleksàndrovic e si mise a esporre la ragione principale dell’ineguaglianza. L’ineguaglianza dei coniugi, secondo la sua opinione, stava nel fatto che l’infedeltà della moglie e l’infedeltà del marito vengono punite in modo ineguale dalla legge e dall’opinione pubblica. Stepàn Arkàdic si affrettò ad avvicinarsi ad Aleksèj Aleksàndrovic offrendogli da fumare. No, non fumo, rispose tranquillamente Aleksèj aleksàndrovic e, come volendo mostrare di proposito che non aveva paura di quella conversazione, si rivolse con un gelido sorriso a Pescòv. Suppongo che le basi di questo modo di vedere stiano nell’essenza stessa delle cose, disse e avrebbe voluto passare in salotto; ma a questo punto, improvvisamente, Turòvcyn si mise a parlare rivolgendosi ad Aleksèj Aleksàndrovic. Ma voi avete sentito di Prjàcnikov? Disse egli, da lungo tempo in attesa dell’occasione per rompere il silenzio che gli pesava, e reso vivace dallo champagne bevuto. Vàsja prjàcnikov, dicce con il suo buon sorriso delle labbra umide e vermiglie, rivolgendosi prevalentemente all’ospite principale, Aleksèj Aleksàndrovic, mi hanno raccontato proprio oggi che si è battuto in duello a Tver con Kvytskij e l’ha ucciso. Come sembra sempre che la lingia batta dove duole il dente, così oggi Stepàn Arkàdic sentiva che sventuratamente quel giorno la conversazione cadeva ogni momento sul punto dolente diAleksèj Aleksàndrovic. Avrebbe voluto di nuovo portar via il cognato, ma lo stesso Aleksèj Aleksàndrovic domandò con curiosità: Per che cosa si è battuto Prjàcnikov? Per la moglie. Ha agito da coraggioso! L’ha sfidato e l’ha ucciso! Ah! Disse con indifferenza Aleksèj Aleksàndrovic e, sollvate le sopracciglia, passò in salotto. Come sono contenta che siate venuto, gli disse Dolly con un sorriso spaventato, incontrandolo nel salotto di passaggio, devo parlare un po’ con voi. Sediamoci qui. Aleksèj Aleksàndrovic, con l’nalterata espressione d’indifferenza che gli conferivano le sopracciglia sollevate, si sedette accanto a Dàrija Aleksàndrovna e sorrise ipocritamente. Tanto più, disse, che volevo anch’io chiedere il vostro permesso e congedarmi subito. Domani debbo partire. Dàrija Aleksàndovna era fermamente convinta dell’innocenza di Anna e sentiva che stava impallidendo e che le sue labbra tremavano d’ira contro quell’uomo freddo e insensibile, che si proponeva così tranquillamente di rovinare la sua innocente amica. Aleksèj Aleksàndrovic, disse, con disperata decisione guardandolo negli occhi. Vi ho domandato di Anna, non mi avete risposto. Come va? A quanto pare, sta bene, Dàrija Aleksàndrovna, rispose Aleksèj Aleksàndrovic senza guardarla. Aleksèj Aleksàndrovic, perdonatemi, non ho il diritto… ma io amo e stimo Anna come una sorella; vi prego, vi supplico di dirmelo: che cosa c’è fra voi? Di che cosa l’accusate? Aleksèj Aleksàndrovic si accigliò e, quasi chiudendo gli occhi, chinò la testa. Suppongo che vostro marito vi abbia riferito le ragioni per cui ritengo necessario cambiare i miei precedenti rapporti con Anna Arkàdievna, disse senza guardarla negli occhi e scrutando scontento Scrbàckij che stava attraversando il salotto. Io non credo, non credo, non posso credere a questo! Proverì Dolly con un gesto energico, stringendo davanti a sé le sue mani ossute. Si alzò rapidamente e mise la sua mano sulla manica di Aleksèj Aleksàndrovic. Qui ci disturbano. Andiamo di qua, per piacere.
L’agitazione di Dolly influiva si Aleksèj Aleksàndrovic.
Egli si alzò e la seguì docilmente nella stanza di studio dei ragazzi. Si
sedettero a un tavolo ricoperto da una tela cerata tagliuzzata dai temperini.
Io non credo, non credo questo! Proferì Dolly, cercando di cogliere lo sguardo
sfuggente di lui. Non si può non credere ai fatti, Dàrija Aleksàndrovna, disse
lui, mettendo l’accento sulla parola fatti. Ma che cos’ha fatto? Proferì Darija
Aleksàndrovna. Che cos’ha fatto di preciso? Ha spregiato i propri doveri e ha
tradito il marito. Ecco che cos’ha fatto, disse lui. No, no, non può essere!
Disse Dolly, toccandosi le tempie con le mani e chiudendo gli occhi. Aleksèj
Aleksàndrovic sorrise freddamente con le sole labbra, desiderando far vedere a
lei e a se stesso la fermezza del proprio convincimento; ma questa orgogliosa
difesa, benché non lo facesse tentennare, avvelenava la sua ferita. Si mise
allora a parlare con maggior animazione. E’ molto difficile sbagliarsi quando è
la moglie stessa che dichiara questo al marito. Dichiara che otto anni di vita
e un figlio che tutto questo è un errore e che lei vuole ricominciare a vivere
daccapo, disse con rabbia, tirando su con il naso. Anna e il vizio: non posso
associarli, non posso credere a questo. Dàrija Aleksàndrovna! Disse lui,
guardando adesso apertamente nel buon viso sconvolto di Dolly e sentendo che
senza che lo volesse gli si scioglieva la lingua. Io darei molto perché il
dubbio fosse ancora possibile. Quando dubitavo, stavo male, ma meglio di
adesso. Quando dubitavo, c’era una speranza; ma ora non c’è speranza e tuttavia
io dubito di tutto. Dubito talmente di tutto che odio mio figlio e certe volte
non credo che sia mio figlio. Sono molto infelice. Non aveva bisogno di dir
questo. Dàrija Aleksàndrovna lo aveva compreso non appena lui l’aveva guardata
in faccia, e aveva provato compassione per lui e la fede nell’innocenza della
sua amica in lei era vacillata. Ah! È orribile, orribile! Ma è possibile che
sia vero, che vi siate deciso al divorzio? Mi sono deciso all’ultima misura.
Non mi resta altro da fare. Nient’altro da fare, nient’altro da fare… proferì
lei con le lacrime agli occhi. No, no, nient’altro da fare! Questo appunto è tarribile in questo genere di dolore, che non si può come in qualsiasi altro –
una perdita, una morte – portare la propria croce; qui bisogna agire, disse
lui, come indovinando il pensiero di lei. Bisogna uscire dalla situazione
umiliante in cui vi hanno messo: non si può vivere in tre. Questo lo capisco,
lo capisco molto bene, disse Dolly e chinò la testa. Tacque, pensando a se
stessa, al proprio dolore familiare, ma improvvisamente sollevò la testa con un
gesto energico e con un gesto supplichevole giunse le mani. Ma aspettate! Voi
siete un cristiano. Pensate a lei! Che cosa ne sarà di lei, se l’abbandonerete?
Ho riflettuto, Dàrja Aleksàndrovna, e ho riflettuto molto, disse Aleksèj
Aleksàndrovic. Il suo viso era chiazzato di rosso e gli occhi torbidi la
fissavano.: Ormai Dàrija Aleksàndrovna lo compativa con tutta l’anima. Ho fatto
appunto questo dopo che da lei stessa mi è stata annunciata la mia onta; ho
lasciato tutto come prima. Le ho dato la possibilità di correggersi, mi sono
sforzato di salvarla. Ebbene? Lei non ha adempiuto la mia più lieve esigenza:
il rispetto delle convenienze, disse, scaldandosi. Si può salvare una persona
che non vuole perire; ma se una natura è tutta talmente corrotta, pervertita,
che la rovina stessa le sembra una salvezza, che cosa fare? Tutto, tranne il
divorzio! Rispose Dàrija Aleksàndravna. Ma che cosa tutto? No, è orribile, Sarà
la moglie di nessuno, perirà! Che cosa posso fare io?
Il ricordo
dell’ultima azione della moglie lo aveva talmente irritato che diventò di nuovo
freddo come al principio della conversazione. Vi ringrazio molto per la vostra
simpatia, ma per me è ora, disse alzandosi. No, aspettate! Voi non dovete
rovinarla. Aspettate, vi dirò di me stessa. Io mi sono sposata e mio marito mi
ingannava; nel rancore, nella gelosia volevo lasciare tutto, volevo io stessa…
Ma sono tornata in me; e che mai? Anna mi ha salvata. Ed ecco che vivo. I
bambini crescono, il marito ritorna in famiglia e sente il suo torto, diventa
più puro, migliore, e io vivo… Io ho perdonato, anche voi dovete perdonare!
Aleksèj Aleksàndrovic ascoltava, ma le parole di lei ormai non agivano più.
Nella sua anima si era nuovamente sollevato tutto il rancore del giorno in cui
si era deciso al divorzio. Si riscosse e cominciò a dire con voce acuta, forte:
Perdonare non posso, non voglio, e non lo ritengo giusto. Per quella donna io
ho fatto tutto e lei ha calpestato tutto nel fango che le è consono. Io non
sono un uomo cattivo, non ho mai odiato nessuno, ma odio lei con tutte le forze
dell’anima e non posso nemmeno perdonarla, perché la odio troppo per tutto il
male che mi ha fatto! Proferì con lacrime di rancore nella voce. Amate coloro
che vi odiano… mormorò vergognosa Dàrija Aleksàndrovna. Aleksèj Aleksàndrovic
ebbe un ghigno sprezzante. Questo lo sapeva da tempo, ma non era applicabile al
suo caso. Amate coloro che vi odiano, ma amare che si odia non si può. Scusatemi
d’avervi sconvolta. Ognuno ha abbastanza dolore suo! E, ritornato in possesso
di sé, Aleksèj Aleksàndrovic salutò tranquillo e andò via. -Lev Nikolaevic
Tolstoj, Anna Karenina-
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