NOTO E IGNOTO
venerdì, 25 giugno 2010
NOTO E IGNOTO
Io [Ulisse] e i miei compagni eravamo già vecchi e tardi nei
movimenti, quando giungemmo a quello stretto dove Ercole, con le sue colonne,
pose i limiti, perché gli esseri umani non andassero oltre; mi lasciai Siviglia
a destra, mentre a sinistra mi ero già lasciato dietro Ceuta. Allora dissi ai
miei compagni: Fratelli, giunti attraverso mille e mille pericoli all’estremo
occidentale delle terre abitate, in questa vostra breve vigilia dei sensi, che
ancora vi rimane, non vogliate negarvi la soddisfazione di esplorare il mondo
disabitato, seguendo il cammino del Sole da oriente a occidente! Considerate lo vostra origine*): Siete stati
creati per segnalarvi nel valore e arricchirvi di cognizioni, e non soltanto
per vegetare come bestie! Con questa breve esortazione resi talmente desiderosi
i miei compagni a proseguire il viaggio, che anche volendolo a malapena sarei
riuscito poi a distoglierli. E così, volta la poppa della nostra nave ad
oriente, ci servimmo dei remi come ali per il nostro volo temerario, avanzando
sempre a sinistra, verso Sud-Ovest. E già nella notte vedevamo tutte le stelle
del Polo Antartico, cioè dell’Emisfero Australe; e il nostro Polo Artico, con
la sua Stella Polare, già era caduto a poco a poco sotto il nostro orizzonte,
sicché non nasceva più al di sopra del livello del mare. Già cinque volte la
luce della faccia della Luna volta alla Terra si era avvivata e cinque volte
s’era oscurata, erano trascorsi cioè cinque mesi, quando ci apparve una
montagna oscura per la distanza, e mi pare tanto alta che non mi ricordai d’averne
veduta una simile. Vedendola ci rallegrammo tutti; ma ben presto l’allegrezza
si mutò in pianto, perché dalla nuova Terra si scatenò un turbine, che percosse
la prora della nostra nave, la fece girare per tre volte con tutte le acque che
le erano attorno, e al quarto giro il vortice costrinse la poppa a levarsi in
alto, mentre la prora s’affondava, fino che piacque a Dio, il mare si chiuse
definitivamente sopra di noi.
*) Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a vivere come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.
-liberamente tratto da: Inferno, Canto XXVI, DANTE-
DODICESIMA “STAZIONE”
(Un minuto e 46 secondi)
L’aratro fitto nell’amata terra
seguiva silenzioso
le orme lasciate dalle vacche
ansanti nella fatica.
Il contadino seguiva
curvo e attento incitatore
manipolando, scansando, allineando.
E alla sera trovava vicino al fuoco
il centenario suo padre
dal quale ascoltava
l’insegnamento della natura.
Questo accadeva un tempo
ma oggi il contadino è diventato operaio
e l’aratro è catena di montaggio.
Prima v’era la natura, oggi tutto è tecnologia.
Nulla in contrario
per quel che riguarda la tecnologia
ma tutto contro, e per questo io lotto,
il potere tecnocratico
che istruisce i cervelli
trasformandoli in computers
i quali a loro volta trasformano
altri uomini in altrettante macchine
che costruiscono altre macchine metalliche.
Ho visto un giovane che era già vecchio
e un vecchio quasi morto
estraniato, sommessamente vegetante.
Ma non era vecchio:
Aveva appena cinquanta anni!
Ed è già passata una vita:
bicefalo-1968-2010
Alzati ragazzo alle cinque del mattino
poi un’ora di viaggio.
Alle sei suona la sirena
parte la catena di montaggio
e alla dodicesima “stazione”
lavori alla velocità
di un minuto e 46 secondi.
Primo:
montare la ruota anteriore
usando l’apposita “zeppa”
dopo essersi assicurati
che sia del tipo richiesto
e non presenti ossidazioni.
Secondo:
centrare il parafango anteriore
rispetto alla ruota.
Terzo:
montare: (prendere il bulloncino,
infilarvi la rondella e lo spessimetro.
Prendere il filo e infilarvi la bussolina
curvandolo nell’apposito supporto
e infilarlo nel foro del mozzo,
infilare la rondella e il dadino.
Prendere la pinza e la chiave
e bloccare il tutto tirando il filo).
E registrare il freno anteriore
senza che la ruota risulti frenata
assicurandosi che il freno sia teso il più possibile.
Torna a casa
e dopo cena
accendi il televisore
e guardati “Carosello”
ma già dormi prima che sia finito.
Alzati ragazzo
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati marito
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati padre
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati nonno
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Dopo l’ultimo viaggio
nella monotona assillante alba
finalmente riposa in pace.
Si dice che è morto bene
che non si è accorto proprio di niente
e non ha sofferto neppure un poco.
-Renzo Mazzetti-
(Verso levante, Poesie del mio autunno caldo, casa editrice
ISMECA, Bologna, 2009)
AAAAAAAHHHHHHHHHHHHOOOOOOOOOOOOOHHHHHJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJ
Il tuo vestito mi è costato come quattro operai del mio
stabilimento, cara, questo è veramente troppo!
E VA BENE……… LICENZIANE PURE DUE!
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Quaedam iura scripta, sed omnibus scriptis certiora sunt
-SENECA-
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