CARISSIMA KITTY
GIOVEDÌ, 27 MAGGIO 2010
CARISSIMA KITTY
Finalmente è giunto il momento in cui posso starmene seduta
al mio tavolino davanti alla finestra socchiusa e scriverti tutto, proprio
tutto. Mi sento malissimo, erano mesi che non mi sentivo così, nemmeno dopo i
ladri ero così distrutta dentro e fuori. Da un lato Van Hoeven, la questione
degli ebrei, che in tutta la casa viene discussa dettagliatamente, l’invasione,
che si fa attendere, il mangiar male, la tensione, l’unore pessimo, la
delusione per Peter, e dall’altro il fidanzamento di Bep, la festa di Pentecoste,
i fiori, il compleanno di Kugler, torte e racconti di cabaret, film e concerti.
Questo contrasto, questo forte contrasto c’è sempre. Un giorno ridiamo per la
stranezza di essere nascosti, e il giorno dopo, e comunque spesso, abbiamo
paura, e sulle nostre facce si vedono timore, tensione e disperazione. Miep e
Kugler sentono più degli altri il peso di noi e di tutti i clandestini, Miep
nel lavoro, e Kugler – per cui a volte l’enorme responsabilità per noi otto
diventa eccessiva – che non riesce più nemmeno a parlare per i nervi e la
tensione. Anche Kleiman e Bep si curano di noi, anzi sono molto bravi, ma ogni
tanto si dimenticano dell’alloggio segreta per un paio d’orette, un giorno,
magari due. Hanno i loro pensieri, Kleiman per la salute, Bep per il fidanzamento
che non sembra molto roseo e oltre a questi pensieri hanno anche le
commissioni, le visite, tutta la loro vita di persone normali; per loro ogni
tanto la tensione si allenta, anche se soltanto per breve tempo, per noi non
molla mai, da due anni, e per quanto tempo continuerà a tenere su di noi la sua
mano schiacciante, sempre più pesante? Lo scarico è nuovamente intasato, non
possiamo versare via l’acqua, o comunque solo a gocce, non dobbiamo andare in
bagno, al caso ci dobbiamo portare uno scopino, l’acqua sporca la teniamo in un
grande recipiente di ceramica. Per oggi possiamo tirare avanti, ma come faremo
se l’idraulico non dovesse farcela da solo? Il servizio della nettezza urbana
non arriva prima di martedì. Miep ci ha mandato un dolce con l’uvetta con un
biglietto: Buona Pentecoste, sembra quasi una presa in giro, l’umore e la paura
non sono affatto buoni. Dopo il fatto di Van Hoeven abbiamo tutti più paura, da
ogni parte si sente dire sst e ogni cosa avviene in modo più silenzioso. Lì la
polizia ha forzato la porta, quindi neppure noi siamo al sicuro! Se anche noi
dovessimo… no, non oso nemmeno scriverlo, ma oggi l’interrogativo non si lascia
cacciare via, anzi ho di nuovo davanti a me nella sua forma più terribile tutta
la paura provata un tempo. Questa sera alle otto sono dovuta scendere da sola
per andare in bagno. Di sotto non c’era nessuno, erano tutti ad ascoltare la
radio, volevo essere coraggiosa, ma è stato difficile. Quassù mi sento sempre
più sicura che da sola in quella casa grande e silenziosa; da sola, con questi
rumori attutiti da sopra e il suono dei clacson per la strada tremo già, se non
mi affretto e mi soffermo a pensare alla situazione. Dopo il discorso di papà,
Miep è diventata molto più gentile e premurosa nei nostri confronti. Ma questo
non te l’ho ancora raccontato. Un pomeriggio Miep è andata da papà tutta rossa
in faccia e gli ha chiesto senza mezzi termini se pensiamo che anche loro siano
stati contagiati dall’antisemitismo. Papà è caduto dalle nuvole e ha fatto di tutto
per toglierle l’idea dalla testa, ma un’ombra di sospetto le è rimasta. Adesso
ci procurano più cose e si interessano di più dei nostri problemi anche se non
dobbiamo approfittare troppo. Oh, è gente così buona! Continuo a chiedermi se
non sarebbe stato meglio per tutti che non ci fossimo nascosti, e adesso
fossimo morti senza dover soffrire tanto e soprattutto per salvaguardare gli
altri. Ma anche questo ci spaventa tutti, amiamo ancora la vita, non ci siamo
ancora dimenticati della voce della natura, speriamo ancora, speriamo per
tutto. Speriamo che adesso succeda presto qualcosa, alla peggio anche una
bomba, tanto non ci sconvolgerebbe più di questa inquietudine; che venga una
fine, anche se dura, così almeno sapremo se vinceremo o coleremo a picco. Tua
Anne, Diario, venerdì 26 maggio 1944.
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