GRANDENASO
venerdì, 29 gennaio 2010
GRANDENASO
L’implacabile Nemesi paziente aspetta, mentre solenne Giovenale afferma:
Ben più dolce della stessa vita è la vendetta. Il sommo poeta Dante
dall’Inferno nell’ottavo canto narra: Mentre attraversavamo l’acqua stagnante,
mi si presentò innanzi uno di quegli infangati dicendo: Chi sei tu che, ancor
vivo, vieni qui prima del tempo? Gli risposi: Se io vengo qui non resto! Ma tu
chi sei così bruttato dal fango? Rispose: Vedi ben che sono uno che espia! E io
rembeccai: Ebbene, resta pure con le tue lacrime e con il tuo dolore, spirito
maledetto! Va’, che ti conosco, ancorché tu sia coperto di lordura! Allora lo
spirito stizzito tese le braccia contro la barca per rovesciarla in acqua, ma
il mio maestro pronto lo respinge decendogli sdegnosamente: Vattene via di
costà con gli altri cani arrabbiati come te! Poi Virgilio mi cinse il collo e
mi baciò il volto dicendomi: O anima sdegnosa d’ogni iniquità! Benedetta colei
che fu incinta di te, la madre tua! Quel dannato, vivendo nel mondo, fu una
persona piena d’orgoglio; non ha lasciato cosa degna di memoria che lo onori, e
per questo la sua ombra quaggiù è tanto furiosa. E quanti, che ora lassù nel
mondo si ritengono come grandi sovrani, staranno poi qui nella fanghiglia come
porci, dopo aver lasciato tra gli uomini memoria di misfatti spregevoli. E io soggiunsi:
Maestro mio, sarei molto bramoso di vederlo attuffare in quella broda, in cui
voleva sommergere me, prima che uscissimo da questa palude! E Virgilio: Prima
di scorgere l’altra sponda sarai fatto contento. E’ giusto che tu goda d’esser
appagato. Infatti poco dopo vidi dagli altri infangati fare strazio tale sul
disgraziato, che anche ora ne lodo Dio e lo ringrazio. Tutti gridavano: Dagli a
Filippo Argenti! e quel bizzoso spirito fiorentino si mordeva da se stesso per
la gran rabbia. Lo lasciammo colà, e di lui non dico altro. Invece, la novella
metropolitana, nella infinità della moderna Liberarete : C’era una volta un
uomo di bell’aspetto con il sorriso smagliantefalso, dallo spiccato spirito
giovialetetro; aveva amicizie altolocate e Grandenaso per gli affari; divenne
ricco e potente perché oltrepassava-la-misura; continuamente a nascondino con
la giustizia gioca e con superbia l’uguaglianza offende; ammirato vive in
perenne trionfo; caso raro e curioso cui il popolo eresse, in vita, il
monumento raffigurante il Grandenaso con la dedica scritta in cubitali
caratteri-di-vero-oro-zecchino: SOLA PECUNIA REGNAT.
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IL GIOCO
In poltrone lise, cortigiane vecchie, pallide,
le sopracciglia dipinte, l’occhio lezioso e fatale,
che ammiccano, facendo dalle orecchie scarne
piovere un tintinnio di pietre di metallo;
attorno ai tappeti verdi, volti senza labbra,
labbra senza colore, mascelle senza denti,
e dita fatte convulse da una febbre infernale
che frugano tasche vuote e seni ansimanti;
sporchi soffitti e una fila di scialbi lampadari,
enormi candelabri che proiettano bagliori
su fronti tenebrose d’illustri poeti
venuti a dissipare sudori di sangue:
questo il nero quadro che in un sogno notturno
vidi svolgersi sotto il mio occhio chiaroveggente.
Io stesso mi vidi in un angolo dell’antro taciturno,
appoggiato sui gomiti, freddo, muto,invidiando,
invidiando a quegli esseri la passione ostinata,
a quelle vecchie puttane la lugubre gaiezza,
tutti in mia presenza gagliardamente trafficando
chi con il vecchio onore, chi sulla sua bellezza!
E il cuore tremò d’invidiare tanta povera gente
che corre con fervore all’abisso spalancato,
e ubriaca del suo sangue, preferisce, tutto sommato,
il dolore alla morte e l’inferno al niente!
-Charles Baudelair-
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