ALLA SCUOLA NORMALE SUPERIORE
ALLA SCUOLA NORMALE SUPERIORE
(Meditazione su: Antifascismo alla normale di Pisa di Aldo Capitini in "Ora e sempre: Resistenza". 50 anni di storia, testimonianze dei protagonisti e documenti della Provincia di Pisa e della Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Novembre 1991).
Quando entrai, studente di lettere e filosofia, alla Scuola normale superiore nel Novembre 1924 il fascismo non aveva ancora investito in pieno il mondo della cultura e della scuola. Ma c'erano già le premesse politiche nel fallimento dell'ultima possibilità dell'antifascismo di mutare il governo mussoliniano nei mesi successivi al delitto Matteotti. Piero Gobetti aveva concluso l'articolo su Matteotti in Rivoluzione liberale del 1° Luglio, con le parole di un lavoratore ferrarese: "La generazione che noi dobbiamo creare è proprio questa, dei volontari della morte per ridare al proletariato la libertà perduta". Era l'annuncio di un lungo periodo tragico. Mussolini era riuscito ad avere dalla sua parte la Monarchia, e il re deluse le speranze di Amendola e dell'Aventino; si era guadagnato con concessioni e promesse l'aiuto del Vaticano, sì che non fu possibile, nel momento critico di Giugno-Luglio, fare un governo antifascista costituzionale di socialisti e di cattolici; aveva saputo incorporare nel fascismo Giovanni Gentile, che gli portava tante forze della cultura. Dopo il '24 verranno la dittatura, la milizia, l'Opera Balilla, il Concordato, l'obbligo per gli impiegati dell'iscrizione al Partito, e più in là le guerre, stragi collettive, e il più grande disastro nella Penisola dopo le invasioni barbariche.
La Normale nel '24-'25 non era impegnata. C'erano fascisti, c'erano indifferenti, c'erano antifascisti, e io ne trovai due, Manlio Pirrone, socialista, e anche Alberto Caccavelli, di simpatie repubblicane. Direttore era Luigi Bianchi, un grande matematico, probabilmente senza una posizione politica concreta (o, per lo meno, non manifesta); vice-direttore era Francesco Arnaldi, anche professore interno di greco e di latino, veneto ed ex combattente del '97, con serietà cattolico e nazionalista: credo che discutesse fieramente sul fascismo col professore universitario di storia Anzilotti. Libertà e differenze di ideologia c'erano anche all'Università, tra i professori e tra gli studenti: Armando Carlini, Vincenzo Costanzi, Giuseppe Saitta (con una certa indipendenza), G.Q. Giglioli, erano fascisti o lo stavano diventando attratti da Gentile; Augusto Mancini, Attilio Momigliano, Manara Valgimigli erano, più o meno evidentemente, contrari. Tra gli studenti si potevano incontrare decisi antifascisti, come trovai Francesco Tocchini e Ferdinando Frattini (più tardi Lamberto Borghi). Ma lo squadrismo, anche feroce, di Pisa si era arrestato alle porte della Normale e dell'Università, eccettuato (che io sappia) l'episodio di un'aggressione subìta una sera da Valgimigli e, indirettamente, da Carlini che lo accompagnava.
Dentro la Normale il primo accertamento di antifascismo avvenne con l'arresto di Vittorio Enzo Alfieri e di Umberto Segre, perché in rapporto con gruppi antifascisti. Io, che ero sempre stato avverso al fascismo e l'avevo visto nascere respingendolo decisamente, non ero entrato ancora in rapporto attivo con gruppi di noti antifascisti, e perciò non ebbi persecuzioni; invece Alfieri e Segre finirono col lasciare la Normale e Pisa. Ma l'antifascismo vi si rinforzò, tanto che nei giorni della Conciliazione (io ero allora perfezionando) un buon gruppo rifiutammo energicamente di mandare un telegramma di festa a Mussolini. Il fatto che alla morte di Luigi Bianchi la Normale passasse sotto la direzione commissariale di Giovanni Gentile (da tutti noi auspicata, per il valore culturale dell'ex-normalista, indipendentemente dalla sua posizione politica) non impedì che l'antifascismo si corroborasse, specialmente per l'entrata del lucchese Carlo Ludovico Ragghianti, già fiero antifascista.
Dal 1929 al 1932 l'antifascismo dentro la Normale si concretò in modo autonomo come volontà di opposizione, di non collaborazione, di ricostruzione. Mentre Alfieri e Segre, perseguitati a Pisa e poi colpiti più volte a Milano e altrove, erano in collegamento con il Croce, con Pietre di Genova, con Martinetti ed altre persone o gruppi antifascisti ad un livello nazionale, il nostro antifascismo programmatico e attivo nacque entro la Normale per il confluire di vari elementi. Dopo il perfezionamento avevo accettato il posto di segretario della Normale (ancora un palazzo non ingrandito e non portato da trenta a cento camere) per poter restare a Pisa e continuare gli studi, tanto più che ero assistente volontario all'Università; Claudio Baglietto, di Varazze, che stava facendo studi di raro valore sia in letteratura che in filosofia, era ancora alla Normale; c'era, come ho detto, Ragghianti (tutti molto più giovani di me), Fausto Meli (morto poi in Sicilia), Claudio Varese ed altri, e agli interni si aggiungevano Enrico Alpino, normalista esterno, e Giuseppe Dessì. Cominciammo a tenere conversazioni orinate e periodiche, dentro la Normale. L'elemento comune, stimolato indubbiamente dalla Conciliazione di "Cesare e Pietro", era il distacco assoluto dalla religione tradizionale, anche per opposizione alla equivoca mescolanza di storicismo ex-idealistico e di conformismo cattolico che dominava all'Università. Invece un elemento che era soltanto di noi due, Baglietto ed io, era quello della ricostruzione etico-religiosa sulla base della nonviolenza e nonmenzogna, che attingevamo dagli unici due libri gandhiani a disposizione. L'autobiografia ridotta pubblicata da Treves e la Vita di Gandhi scritta da Rolland, libri che ci insegnarono uno strumento prezioso, la non collaborazione attiva e cercante intorno a sé solidarietà. Avevamo anche preso a studiare direttamente Gesù Cristo e San Francesco, con un appassionamento per ciò che vi fosse di strenuo e di orientante, puro da ogni istituzionalismo. In politica vedevamo la possibilità di congiungere il socialismo più deciso con l'esercizio della libertà: Cominciammo a intravedere il valore di posizioni che poi avrei chiamato "aperte", e il termine "apertura" fu, dopo di allora, esplicitamente enunciato molto spesso nei miei scritti durante il fascismo, in modo particolare negli Elementi di un'esperienza religiosa, usciti da Laterza alla fine del 1936. Insistevamo, noi due, sul termine "religione", perché effettivamente venivamo strutturando - e alcuni scritti ne furono l'espressione - una vera e propria vita religiosa, anche con preghiere sulla base di un teismo di tipo kantiano, con iniziative nostre di assistenza ad imitazione della San Vincenzo, con austero rifiuto dei sollazzi giovanili. I nostri amici tolleravano la nostra "religione", ma accoglievano la discussione e svolgevano la problematica non solo religiosa, ma etico-politica e filosofica (di avversione al facile storicismo giustificatore del fatto compiuto e del potere in atto).
Baglietto ed io sapevamo che avremmo tratto dalla nostra posizione tutte le conseguenze. Difatti il mio amico ebbe una borsa di studio per continuare, nella Friburgo germanica, lo studio di Heidegger; ma all'Estero si convinse di fare l'obiezione di coscienza, e perciò lasciò Friburgo e la borsa, e passò a Basilea, dove visse di lezioni private, suscitando un'alta stima (ebbe anche la visita di Bruno Buozzi), e morì esule nel 1940. Io, sul finire del '32, ebbi da Gentile l'invito a prendere la tessera del partito fascista, se volevo restare al mio posto; tessera che rifiutai senza esitazione, e così nei primi giorni del '33 dovetti lasciare la Normale. Anche Ragghianti rifiutò di fare ogni concessione per essere assistente regolare di Matteo Marangoni (era l'Università che la voleva, non certo il carissimo Marangoni, antifascista e non iscritto al numero dei più). Così ci separammo spazialmente, restando idealmente uniti pur nella diversità tra noi due liberi religiosi e Ragghianti, assolutamente laico.
Tuttavia si erano generate due spinte che dovevano continuare e ingrandirsi negli anni successivi fino alla Liberazione. Io ero tornato a Perugia, rientrato in famiglia a trentatré anni!; studiavo, davo lezioni private e facevo frequenti viaggi di collegamento specialmente tra giovani, utilizzando le vecchie conoscenze e facendone continuamente di nuove. In questo modo incontrai persone che erano già antifasciste (quasi tutte quelle che non erano all'estero o in prigione al confino), come il Croce, Flora, Morra, Salvatorelli, Banfi, Parri, Martinetti, La Malfa, Fiore, Calamandrei, Bobbio, Calogero, Montale, Omodeo, Russo, Chabod, Ramat, Mentasti ed altri, quasi tutti più anziani di me (che sono della generazione di Gobetti e dei Rosselli), ma soprattutto incontrando (aiutando in alcuni la maturazione antifascista) centinaia e centinaia di più giovani di me, come - e cito solo pochissimi - Antonio Giuriolo, Mario Delle Piane, Giaime Pintor, Cesare Gnudi, Pietro Ingrao, Mario Alicata, Sergio Donadoni, Cesare Luporini, Enzo Enriquez Agnoletti, Carlo Francovich, Tristano Codignola, Carlo Salani, Agostino Buda, Antonio Borio, Imelde Della Valle, Gianfranco Contini, Renato Guttuso, Giovanni Miniati, Giorgio Bassani, Elio Vittorini, Mario Dal Pra, Gianfranco Corsini, Arturo Massolo, Antonio Rinaldi, Antonello Trombadori,; per non dire i molti nomi dei perugini, perché Perugia diventò un centro di antifascismo, di intellettuali e operai molto uniti, visitato spessissimo da altri con continui incontri.
Alla Normale rimasero impulsi, idee e soprattutto esempi di NO. Il fatto che io, generalmente stimato e amichevole, attivo culturalmente e per il bene della Normale, provenuto da condizioni povere e di autodidatta all'incomparabile convivenza culturale normalistica in una città così cara per quell'insieme luminoso di aspetti nobili e toscanamente paesani, fossi stato "cacciato" per idee e avessi scelto una vita di disagio quando già potevo avviarmi alla libera docenza e poi alla cattedra universitaria, colpì anche gli indifferenti e i fascisti. Gentile mi salutò dicendo: "Sono sicuro che non riuscirei a persuaderla", ed aveva ragione, sebbene avessi affetto per lui e superassi, sul piano umano, le sue grossolanità e le gravissime complicità.
Alla Normale rimase un gruppo antifascista (cito soltanto uno: Walter Binni), che, pur nel mutare quadriennale o quinquennale degli studenti, persisté e a poco a poco si ingrandì, congiunto anche con gli studenti del Collegio corporativo più dissidenti (come Francesco Ferrara e Achille Corona, che poi vidi più volte). Citerò qualche nome: Antonio Russi (attivo e coraggioso a Pisa fino alla Liberazione), Alessandro Natta, Mario Spinella, Mario Casagrande, Giorgio Piovano, Giuseppe Patrono, Armando Saitta, Francesco Lo Bue, Mario Alighiero Manacorda, Luciano Mencaraglia, Giovanni Magnarelli, Vittore Branca, Eros Sequi, Mario Baratto, Giovanni Paccagnini, Sebastiano Aglianò. Questi normalisti si tenevano aggiornati, frequentavano i Littorali per fare "fronda" e per cercare altri oppositori; ed ebbero per anni il grande aiuto dell'insegnamento di Guido Calogero, che poteva anche diffondere tra loro quegli elementi di liberalsocialismo che avevamo chiarito per il nostro lavoro di "movimento", e teneva i collegamenti con me (fui anche qualche volta a Pisa) e con altri. Ogni normalista antifascista poi nel suo luogo di provenienza era un diffonditore attivo. Possiamo perciò dire che la Normale fu uno dei centri più importanti nel costruire quei quadri dell'antifascismo, che dovevano essere sempre più utili per avere un'Opposizione e una Resistenza intellettual-popolare.
Ma per ciò che fu la Normale dal '33 in poi altri, e più di uno, potrebbero parlare per conoscenza diretta, ed è augurabile che sorga un'iniziativa precisa, a cura di qualche Ente o della Normale stessa, che incarichi e aiuti uno storico, ancora in tempo per avere una documentazione particolareggiata. Da parte mia ho pubblicato notizie e alcuni documenti (tra cui gli scritti religiosi stesi insieme da Baglietto e da me) in un libro che sta per uscire Antifascismo tra i giovani, e in esso è indicata una bibliografia su "quella" Normale (lettere di Baglietto, articoli di Spinella e di Natta, eccetera).
-Renzo Mazzetti- (Venerdì 20 Settembre 2024 h.18,38)
INCONTROE
sentivoche
tu sentiviquel
richiamodella
nostra foresta:…se
il vento fischiavaora
fischia più forte …Un
bacioad
ogni strofasulle
labbra entusiasmaquello
e questo entusiasmo.Contessa
del mondonostra
unica Patria.Momenti
magiciperenni
rivivonovivono!-Renzo
Mazzetti-(Antologia
Orizzonti, Ragusa, 2001)
VEDI: EPPUR SI MUORE (RACCOLTA DI POESIE)
categoria: fantascienza, filosofia, ironia, poesia, dimenticanze tra le righe.
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