INTESA DEMOCRATICA

INTESA DEMOCRATICA



Enrico Berlinguer e Aldo Moro.




L'accordo che i partiti hanno raggiunto sulle questioni economiche può essere valutato per il suo contenuto; per le reazioni che ha suscitato; per la sua corrispondenza o meglio la sua adeguatezza rispetto a ciò che affettivamente accadrà nei prossimi mesi.

Cominciamo dai contenuti.

Nella bozza programmatica non si concede nulla all'ottimismo. La situazione economica del paese è giudicata ancora molto grave, densa di pericoli, nonostante alcuni miglioramenti che si sono registrati nella seconda metà dell'anno scorso e nei primi mesi del 1977. Il tasso di inflazione (cioè il ritmo a cui i prezzi aumentano), pur essendosi ridotto, rimane tra i più alti nella storia recente del nostro paese e rispetto agli altri paesi industrializzati. La bilancia dei pagamenti continua a registrare un passivo di origine strutturale, dovuto, cioè, all'eccesso di importazioni di petrolio. Il disavanzo pubblico, pur essendosi ridotto l'anno scorso, è ancora elevato rispetto alla produzione materiale. Gli investimenti produttivi non aumentano a sufficienza e l'occupazione lavorativa ristagna oppure è in leggero declino nell'industria manifatturiera. Le preoccupazioni maggiori, infine, vengono dal Mezzogiorno, dove la ripresa nel 1976 non c'è stata, ed anzi si è avuto ristagno o addirittura regresso produttivo (come nell'agricoltura e nell'edilizia), dove si concentra gran parte della disoccupazione e della sottoccupazione lavorativa. L'elenco delle perduranti difficoltà economiche, con cui la bozza di documento programmatico si apre al capitolo dell'economia, già dice qual è la “filosofia” che dovrà ispirare l'azione pubblica nei prossimi tempi. Nessun ottimismo sulle capacità di ripresa spontanea e duratura del mercato, e perciò grande impegno e responsabilità nella condotta degli affari economici, nel lavoro di direzione e di orientamento politico del processo economico.

Primato della politica economica, dunque. Ma in che senso, verso quali obiettivi e con quale gamma di strumenti? Gli obiettivi sono quelli che vengono indicati dalle forze politiche democratiche da tempo (diciamo almeno dall'insorgere della crisi petrolifera): contenere l'inflazione senza sacrificare la crescita economica. La strumentazione individuata nell'accordo programmatico presenta alcuni elementi già fatti propri dal governo Andreotti, mentre altre indicazioni appaiono nuove e costituiscono un passo in avanti rispetto all'azione spesso debole, incerta e anche contraddittoria del governo finora in carica. Costituisce un orientamento consolidato l'indicazione che la spesa pubblica non possa superare il limite definito anche in sede di accordi col Fondo monetario internazionale. E' una novità la proposta che si dia luogo, per i prossimi due anni, alla programmazione della spesa anche mediante un bilancio consolidato del settore pubblico tradizionale.

La parte più innovativa, e meglio definita riguardante la finanza pubblica, è quella relativa al capitolo delle entrate, in cui oltre a indicare le modalità per incrementare gli incassi della pubblica amministrazione (con la riscossione dell'imposta locale sul reddito, Ilor, mediante autotassazione, il recupero delle evasioni dei contributi sociali), si propone qualche incentivo fiscale agli investimenti produttivi (il credito di imposta sui profitti reinvestiti) ovvero alla ricapitalizzazione delle imprese (con la caduta della doppia tassazione sui redditi delle società e con l'equiparazione del trattamento fiscale dei dividendi azionari a quello goduto dagli interessi).

In sintesi, l'orientamento che si vuole imprimere al bilancio dello Stato è quello di farne sempre più uno strumento che incida sulla composizione delle spese della collettività, abbassando la quota delle risorse che viene destinata ai consumi (sia quelli privati che a quelli pubblici), e stimolando la formazione del capitale produttivo. Passa, per questa via, l'orientamento affermato con vigore nei mesi scorsi dalle forze politiche della sinistra, e in primo luogo dal PCI, secondo cui la riduzione del disavanzo pubblico non poteva essere fatta soltanto nell'aggregato delle entrate (da accrescere) e dalle uscite (da comprimere) del bilancio della pubblica amministrazione, ma andava verificata più dettagliatamente, individuando cioè modifiche nella composizione delle spese e degli incassi.

Questa linea - che possiamo definire di “deflazione orientata” - appare ancora più evidente se passiamo a considerare i cosiddetti interventi prioritari che vengono individuati nella bozza programmatica, e che riguardano i settori dell'edilizia, dell'agricoltura e dell'energia. Più fiduciosi nella ripresa, sia pure stimolata, delle convenienze di mercato per l'edilizia, più “dirigistici” nell'agricoltura e nel settore dell'energia.

I provvedimenti preannunciati vanno nella direzione che nei mesi scorsi i partiti della sinistra e i sindacati hanno più volte indicato e che non ha affatto costituito finora un asse privilegiato della politica economica governativa. Si tratta in breve, per dirla con una espressione ad effetto ricorrente, di interventi che saldano la politica a breve con la politica a medio termine: il sostegno delle produzioni edilizia, agricola ed energetica da un lato è un'occasione per mantenere elevato, con strumenti politici, il livello della spesa globale e quindi impedire che la deflazione del mercato interno si avviti, a spirale, su se stessa: d'altro lato, costituisce una sorta di investimento per il futuro, nel senso che questo tipo di intervento (se è portato rigorosamente a compimento) accresce la possibilità di produzioni a scarso contenuto di importazioni (come nell'edilizia) ovvero sostitutive di prodotti esteri (come nel caso dell'agricoltura e dell'energia elettronucleare). Si tratta di misure che puntano ad allentare la dipendenza dell'economia italiana dal mercato estero, che rimuoveranno - se condotte, ripetiamo, a termine con rigore e in tempi tecnici accettabili - alcuni vincoli i quali pongono continuamente il nostro paese nella dolorosa scelta tra sviluppo con crescente indebitamento verso l'estero e stagnazione con miglioramento della bilancia dei pagamenti.

Il risanamento della finanza pubblica e la qualificazione dei programmi di spesa in una direzione direttamente o indirettamente produttivistica (intendendo con questa espressione anche il contributo che gli interventi prioritari suddetti potranno dare alla riqualificazione del sistema produttivo e quindi alla sua collocazione nei confronti del mercato estero) non esauriscono i temi trattati nell'accordo programmatico. Un altro gruppo di indicazioni riguarda, schematicamente parlando, le attività che oggi già producono per il mercato, le imprese private e pubbliche esistenti, con i problemi che esse attualmente sono chiamate a fronteggiare. Qui, nonostante alcune novità che subito segnaleremo, si può trovare forse più evidente il segno del compromesso raggiunto tra le forze politiche e sociali diverse, e anche antagoniste.

A parte i problemi delle industrie a partecipazione statale (su cui però per la prima volta diventano orientamento di governo alcune proposte finora sparse, miranti a fare uscire l'industria pubblica dalla conduzione discrezionale, dai criteri dell'assistenzialismo, dalla lottizzazione delle cariche, che sono tutti connotati precipui dell'indirizzo politico seguito fino ad oggi in materia dagli esponenti della DC), il carattere compromissorio delle proposte presentate ci pare particolarmente evidente su due questioni molto delicate che condizionano la vita delle imprese produttive: l'indebitamento delle imprese e il costo del lavoro. Per i debiti contratti dalle imprese verso le banche, si indica la via del loro consolidamento, cioè del passaggio da debiti a breve a debiti a medio termine, per una data quota. Con ciò si vuole ottenere di ridurre il carico finanziario delle imprese (cioè gli interessi passivi, che sono più bassi nel caso dei debiti a medio termine rispetto al caso dei debiti a breve). In pratica, con questa misura si sposta istituzionalmente l'equilibrio finora raggiunto tra profitto industriale e rendita bancaria a favore del primo e a svantaggio dell'altra.

Il sollievo che si dà in questo modo alla situazione finanziaria delle imprese costituisce, a nostro avviso, tuttavia, un favore senza sensibili contropartite immediate, e perciò una concessione all'azione spontanea del mercato. E' vero che nel documento programmatico, piuttosto che a queste misure finanziarie per le imprese, si dà grande rilievo alla legge sulla riconversione industriale e ai programmi di settore che essa indica per l'impiego del credito agevolato (cioè della maggiore leva finanziaria utilizzabile a vantaggio delle imprese). Ma il discorso riguarda in questo senso il futuro, mentre nell'immediato si concede una quota delle risorse alla finanza delle imprese senza controllarne gli impieghi.

Sul costo del lavoro, se gli scatti di contingenza (per motivi che vedremo) dovessero superare nella seconda metà dell'anno i limiti previsti dal Fondo monetario, si ricorrerebbe alla fiscalizzazione degli oneri sociali che, ove dovesse essere ripetuta anche nel corso del 1978, sarebbe finanziata mediante le imposte dirette. I problemi della riforma del salario (quiescenza, anzianità, eccetera) e delle sperequazioni retributive sono poi oggetto di un esplicito impegno, e saranno affrontati immediatamente, sia in collegamento con i sindacati operai e padronali, sia in seguito all'indagine sulla giungla retributiva predisposta dal Parlamento. Questa parte degli accordi tiene conto in buona sostanza delle posizioni del sindacato e pone perciò come punto fermo l'accordo che è stato recentemente raggiunto, e cioè che la contingenza, nei suoi caratteri più importanti, è una conquista indeclinabile del movimento operaio.

In conclusione, il programma di politica economica si presenta con un respiro molto ambizioso e contiene motivi ispiratori anche nuovi da non sottovalutare. Esso respinge la solita politica dei due tempi (prima la stabilizzazione e poi la ripresa dello sviluppo). Non si affida a macchinose estrapolazioni macroeconomiche dall'attendibilità indubbia. E' più attento a realizzare una combinazione di molteplici strumenti (quindi non privilegia, come si è fatto nel passato, la politica monetaria, ma pone al centro la politica finanziaria e lo stimolo diretto agli investimenti produttivi pubblici e privati). Lega direttamente gli obiettivi agli strumenti, evitando di confondere gli uni con gli altri. Tiene conto dei vincoli esterni a cui la nostra economia deve purtroppo soggiacere nel breve termine.

Basta tutto ciò a qualificarlo come un programma che segna una svolta radicale nella conduzione degli affari economici, e che perciò assegna una prospettiva di rinnovamento tangibile, immediata, sicura alla società nazionale? Su ciò permangono ancora perplessità e riserve, che sono state espresse, ad esempio, dai sindacati dopo l'incontro avuto con i partiti democratici. Il punto che ha attirato le maggiori critiche è stata una caratteristica comune alle proposte contenute nella bozza programmatica, e cioè il fatto che esse sembrano proiettate troppo nel medio termine e perciò sembrano avere scarsa incidenza sulle condizioni presenti dell'economia italiana.

Qui tocchiamo il terzo gruppo di questioni che si erano indicate all'inizio, e cioè la corrispondenza tra gli orientamenti programmatici e i problemi immediati, che la congiuntura economica porrà sul tappeto nei prossimi mesi. Non vi è dubbio che dall'autunno in poi si registrerà nell'industria un sensibile rallentamento della produzione, e che l'occupazione lavorativa si ridurrà, se non altro per il mancato rimpiazzo dei lavoratori pensionati. La domanda interna si è infiacchita anche in seguito ai prelievi fiscali dei mesi scorsi. La politica monetaria è ancora poco espansiva, nonostante la recente riduzione del tasso ufficiale di sconto. Il ciclo economico si fa insomma nel nostro paese sempre più breve: espansione e ristagno si succedono cioè a tempi ravvicinati, il tetto all'espansione essendo costituito dalla strozzatura dei conti con l'estero e dal tasso di inflazione.

In queste circostanze rimarranno certamente delusi quanti si immaginano che i problemi venuti ad accumularsi nel corso degli anni, e che trovano nelle difficoltà attuali il punto di sbocco, possano avere soluzione nell'immediato, con un atto politico (e di politica economica) pure così significativo come un accordo tra le forze politiche democratiche. La prospettiva più realistica che l'esecuzione degli interventi concordati (un'esecuzione fedele, rigorosa, fatta sotto il controllo continuo delle forze politiche, priva di furbizie e di fughe in avanti) può aprire, è, nelle condizioni attuali, che la situazione non precipiti e che al tempo stesso si ponga mano ad una riforma dell'apparato produttivo lungo una direzione di marcia innovativa. 

(Meditazione su: Economia. I punti fermi dell'intesa tra PCI, PSI, DC, PRI, PSDI. Rinascita n.26 del 1 Luglio 1977, Mariano D'Antonio).

TIRITERA (ARTE PAESE PENAR)
Manovra manovrina, chi illudi stamattina?
Togli ai poveri, ai giovani, ai lavoratori
Bastoni studenti e disoccupati, emigrati affoghi
Manovra manovrina, chi truffi stamattina?
Sfrutti sanitari, insegnanti, impiegati
Torturi malati, fragili vecchi infanti
Fai morire di fame nelle suicide carceri
Manovra manovrina, chi rappresenti stamattina?
Regali ai ricchi, dai valore a titoli e armi
Inviti ancora gli evasori a tradire gli onesti
Manovra manovrina, che fiducia poni stamattina?
Latte acqua pasta pane, petrolio gas luce
Fantapolitici tetti, pesanti bollette non sgravi
Manovra manovrina, chi sberleffi stamattina?
-Renzo Mazzetti- (Martedì 27 Dicembre 2022).

categoria: fantascienza, filosofia, ironia, poesia, dimenticanze tra le righe.

Vedi Poesia PER UNA MOZIONE in MOZIONE FERRARA 2019 IVA TAMPON
-Giovedì 24 Novembre 2022 h.14,46-



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