VIRUS ESORNATIVO (POESIA E POESIA)
VIRUS
ESORNATIVO (POESIA E POESIA)
Ho letto: ”Ma come? Si
pubblicano poesie come queste e la gente non si mette a ballare per
le strade?”. Vengono da una scrittrice famosa a proposito della
comparsa delle poesie complete di un poeta coevo. Vorrei chiedere a
mia volta: quale gente? E quanta, tolto il manipolo degli ammiratori?
A guardare le cose dall'interno non c'è da meravigliarsi di quella
meraviglia; e volendo seguire il paradosso, che è tale solo in
termini pratici, solo se rapportato a taluni dati facilmente
accettabili, si può tranquillamente affermare che l'aneddoto
riferito poco fa rende metaforicamente, con buona affermazione, sia
le aspirazioni sia le frustrazioni della gran parte di quanti
scrivono versi oggi in Italia. Penso che il tema sia più serio di
quanto non dica il suo aspetto esteriore, cioè la sproporzione per
difetto tra la fame di successo e le condizioni concrete atte a
verificarlo e a renderlo tangibile. E' abbastanza probabile anzitutto
che il successo non sia oggi altro che il pallido surrogato del
tramontatissimo e malfamato mito della gloria poetica; ma appunto per
questo, o anche per questo, il successo come tale, voglio dire nella
sua eccezione corrente, non mi pare che riguardi o possa o debba
riguardare i poeti e la poesia. In quanto alle frustrazioni, almeno
alle più apparenti e verificabili, bastano tre semplici
constatazioni: la poesia oggi è sentita come un fatto puramente
esornativo da editori, giornali e mezzi d'informazione in genere; la
poesia (parlo della produzione poetica dei nostri giorni) per essere
tollerata nell'ambito della cronaca e dell'informazione di superficie
finisce col doversi valere di un supporto che le è estraneo, cioè
della presenza dietro o a fianco di essa di un fatto di altra natura,
di una controfigura ideologica o mondana, quando non di un'aneddotica
o di un'autoregìa; la situazione di un poeta giovane o nuovo non è
meno drammatica di quanto lo è, rispetto alla possibilità di
lavoro, quella di un neolaureato. La diffusione o piuttosto la
disponibilità dei libri di poesia va comunque aiutata; ma non mi
pare abbia senso porsi come problema da risolvere il risalto, il
posto della poesia nel nostro mondo di oggi. Vale invece la pena di
chiedersi come e da chi sia recepita, quali siano il senso e i modi
della sua sopravvivenza. E per questo parliamo di altre, più sottili
frustrazioni. La nostra generazione ha visto via via dissiparsi
l'illusione che con l'acqua della poesia si potesse dare da bere agli
assetati. Ha visto fornire in quantità modelli, poetiche e proposte
allo studio e alle registrazioni degli estetologi, in una
concatenazione di operazioni letterarie, anche quando queste si
mascheravano di “altro”; ha insomma visto l'interesse “operativo”
e congetturante prevalere su ogni altra possibilità di impatto e di
“fruizione”. D'altra parte nemmeno il lavoro poetico è sfuggito
alla legge dell'usura rapida per cui un'opera divora l'altra ed è a
sua volta divorata. E' come se avesse perso il dono della
memorabilità dei suoi testi, cioè quella specie di citazione
spontanea con cui l'esistenza sembra riecheggiare a distanza, almeno
nella memoria e nella coscienza individuale, e convalidare, il
lavorio di scavo della poesia. Non credo che si tratti solo di
insufficienza o logoramento del mezzo. Occorre dire che a partire da
un certo punto in poi c'è stato e c'è tuttora in una parte di
quanti scrivono versi, anche limitatamente a certi tratti della loro
esperienza della vita pubblica, l'impulso a mutare con la loro opera
qualcosa della realtà circostante. In altri ancora tale impulso
diventa giustificazione, l'unica concepibile come contributo alla
lotta di classe, dell'opera stessa. Non intendo discutere ora la
consistenza, cioè il realismo o l'irrealismo, di tale posizione.
Dico solo che diventa sempre più difficile verificarne gli effetti,
cioè le possibilità di presa concreta su qualcuno o qualcosa. Mi fa
pensare a un'artiglieria che offra il suo concorso di fuoco a una
fanteria che non ne fa richiesta perché non ne ha bisogno o perché
ha bisogno di altri mezzi. Né vale citare, è ovvio, i pochi casi in
cui l'elemento spettacolare ha preso il sopravvento,
indipendentemente dal valore effettivo, sulla sostanza poetica. Su un
versante addirittura opposto c'è una specie di fatalismo emotivo: la
speranza nell'interlocutore invisibile, la navigazione alla cieca
verso i rivieraschi di una sponda ignota, ma che si suppone esistente
da qualche parte, i quali raccoglieranno e rilanceranno il messaggio
contenuto nella classica bottiglia. Non è certo un buon segno che il
discorso sulla poesia prevalga nettamente sulla poesia. Tengo a
precisare che vedo con insofferenza la trasposizione di criteri di
distinzione politica, l'applicazione di metri politici alla
qualificazione delle forme della poesia, anche se non ho niente da
obiettare a chi avendo scelto una forma ritenendola progressista se
ne sia fatto una bandiera. In parole più semplici non credo al
valore obiettivo di una distinzione di partenza tra forme
progressiste e forme non progressiste perché la considero astratta.
E' giusto impegnarsi perché i libri di versi siano il più possibile
a portata di chi li cerca e li vuole; ha molto meno senso, allo stato
dei fatti, battersi perché sia dato più spazio d'attenzione alla
poesia. Solo la sostituzione dei valori oggi in crisi o già disfatti
nella coscienza comune mediante altri valori potrà stabilire o
ristabilire la naturalezza del rapporto e dunque la sua necessità.
Di certezze ne conosco una sola e si fonda su una contraddizione: che
cioè chi opera oggi in questo campo opera in un rapporto
immaginario; ma insieme tale immaginazione è essenziale al suo
lavoro, tanto da legittimarne nel grado della sua tensione contenuti
e forme.
INDOVINA L'INDOVINELLO: CHI E' L'AUTORE?
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RICORDO DI UNA POESIASentivo
qualche cosapoco
tempo famentre
pioveva.Sentivo
con l'uditobattere
le goccedella
fredda pioggiacontro
i vetridella
mia finestra.Mi
sentivo solo poco tempo fae
il mio cuore battevaassieme
alle mie palpebreal
rombo dei tuoni.Sentivo
qualche cosapoco
tempo famentre
pioveva.-Renzo
Mazzetti-(Verso
Levante, Poesie del mio autunno caldo. Bologna 2009)
categoria: fantascienza,
filosofia, ironia, poesia, dimenticanze tra le righe.
Vedi:
VIRUS SOCIALDEMOSCICCHE -3 Marzo 2021-
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