PERSONAGGIO MORALE (INCOMPATIBILITA’)

venerdì, 23 agosto 2019

PERSONAGGIO MORALE (INCOMPATIBILITA’)

Quando l’ultimo albero sarà abbattuto
L’ultimo fiume avvelenato
L’ultimo pesce catturato
Soltanto allora ci accorgeremo
Che i soldi non si possono mangiare.
(Toro Seduto)

“Ogni parlamentare deve dar notizia dei viaggi all’estero comunque riferibili al suo ufficio, se le spese per tali viaggi non sono state interamente sostenute dal parlamentare stesso o pagate con fondi pubblici”(dalle disposizioni della Camera dei comuni relative alle “Attività da dichiarare da parte dei membri del Parlamento, 1975”). “Considerate con estrema cautela ogni offerta o dono, favore o ospitalità: possono provenire da qualcuno che sta concludendo o cercando di concludere affari con l’amministrazione” (dal “Codice nazionale di condotta per l’amministrazione locale, 1975”). “A Natale non si può accettare altro che un calendario, un’agenda, un blocco o qualche oggetto per l’ufficio di modico valore, e solo se reca visibile il nome o il marchio della ditta, sì che può essere considerato un mezzo di pubblicità. L’offerta di qualsiasi altro dono deve essere gentilmente, ma fermamente rifiutato” (dalle disposizioni per i dipendenti del Dipartment of Environment, 1974”). Queste (e moltissime altre) regole di condotta vigenti in Gran Bretagna possono essere lette in appendice al cosiddetto Salmon Report, cioè, per citare integralmente, alla relazione finale dei lavori della “Royal Commission on Standards of Conduct in Public Life 1976”, presieduta dal nominato Lord Salmon. Le ho riportate non perché io creda che basti un rigoroso codice di condotta per fondare una nuova moralità pubblica o che agende e calendari siano prova sicura della saldezza delle istituzioni. Ma da quel rapporto, come da documenti analoghi pubblicati in altri paesi, si possono trarre almeno tre significative indicazioni di principio. Anzitutto, le vie della corruzione sono davvero infinite, sì che, alla ricerca della moralità pubblica, non si possono ignorare le piccole smagliature, che sono poi quelle che creano le condizioni propizie al radicarsi di un consenso capillare e diffuso alle pratiche corrotte, così che non ci si può meravigliare poi, del consenso reale che continua a circondare i grandi corrotti (chi non ricorda lo sgomento, a sinistra, per la tenuta della DC nel Giugno 1976, in pieno scandalo * Lockheed?). In secondo luogo il metodo della dichiarazione pubblica di quel che hanno o fanno gli uomini a vario titolo “pubblici” è di particolare efficacia e significato, visto che affida il controllo di taluni comportamenti anche all’attenzione diretta dell’opinione pubblica. Infine, i codici di condotta, per quanto puntuali e vincolanti, non possono essere ritenuti sufficienti, ma devono far parte di una strategia più ampia, in cui rientrano controlli sulle nomine, norme severe sulla corruzione, un’azione fiscale decisa. Considerando la (debole) linea di politica del diritto in materia di moralità pubblica seguita in questi anni in Italia, si può dire che una prima fase è stata caratterizzata dal tentativo di mettere a punto una disciplina delle incompatibilità. Una seconda, espressa dalle leggi n.70 del 1976 e n.14 del 1978, ha posto l’accento su un avvio di controllo parlamentare sulle nomine. Oggi siamo entrati nella terza, che concentra l’attenzione sul comportamento corretto di chi sia stato eletto o nominato a uffici e cariche di rilievo pubblico. Non credo, però, che la nuova fase possa essere considerata come una sorta di integrazione o completamento delle prime due: anche perché, dobbiamo ammetterlo, i risultati delle norme sulle incompatibilità e sulle nomine sono stati finora modesti. Se, allora, si vuole davvero affrontare il problema della correttezza nella vita pubblica, è indispensabile riprendere in considerazione l’intero problema. Va rivista la disciplina delle incompatibilità. E’ necessario farlo perché, in troppi casi, abbiamo avuto notizia di comportamenti che sono certamente contrastanti con la delicatezza delle funzioni svolte: basta pensare alla presenza di magistrati ordinari e amministrativi nei collegi arbitrali. Inoltre, bisogna pure prendere in considerazione il fenomeno, sempre più massiccio, del passaggio dal fronte dell’amministrazione pubblica a quello delle professioni e delle consulenze, con i magistrati che diventano avvocati o i dirigenti degli uffici tributari che si fanno consulenti fiscali, poiché questo crea rapporti tutt’altro che limpidi tra mondo dell’amministrazione e mondo delle professioni. Le regole attualmente vigenti sono sicuramente inadeguate, o aggirate con troppa facilità. E bisogna aggiungere che pure la pratica del secondo lavoro, diffusissima tra i dipendenti pubblici, costituisce un fattore di inquinamento da non trascurare. Per le nomine in società ed enti pubblici, d’altra parte, è indispensabile affiancare in modo esplicito e deciso al criterio delle competenze professionali quello delle qualità morali. In tal senso le norme vigenti offrono già qualche appiglio, ad esempio quando prevedono che il governo debba fornire al Parlamento anche una “biografia delle persone proposte”. A ciò dovrebbe aggiungersi una indagine accurata su tali persone svolta direttamente dalle Commissioni parlamentari competenti, eventualmente sentendo l’interessato. Dice qualcuno che, allora, non si troverebbe nessuno disposto ad assumere certe cariche: ma questa non è forse la stessa logica con cui le società per azioni hanno per decenni rifiutato ogni disciplina tendente ad una reale trasparenza e chiarezza dei loro bilanci? Lungo questa linea si collocano coerentemente una politica fiscale rigorosa, al fine dell’accertamento della vera situazione patrimoniale di talune persone, può essere più efficace della richiesta di qualche dichiarazione. E una politica di controllo continuo e accurato degli enti, di cui devono essere analizzati e discussi con strumenti adeguati i bilanci. Su questa base possono innestarsi efficacemente anche obblighi di dichiarazione (le cosiddette “anagrafi” patrimoniali di politici e amministratori pubblici) e codici deontologici stringenti. Il tutto s’intende, al fine di portare il maggior numero possibile di notizie alla *luce del sole, creando così un circuito informativo che, solo, può avviare veri controlli democratici. (Meditazione su una fotocopia del 1980 in notepad: “La correttezza nella vita pubblica” di Stefano Rodotà).

INTRODUZIONE

Conforme alla Democrazia il giusto Proporzionale instaura una relazione sincera e svolge la funzione convenientemente equilibrata; adeguato e schietto non mischiato, candidamente aperto nulla guasta e nulla corrompe; leale, mantiene i propri obblighi con sincerità e attaccamento all’onore; fedele alle promesse; la politica nel rapporto direttamente proporzionale ritorna l’arte della governabilità possibile, stimola relazioni umane sincere, migliora i rapporti fra elettori ed eletti, resuscita la saggezza.  

PROPORZIONALE  SALVA  SOCIETA'
Negli anni duemila la politica ripugna
Falsifica la democrazia e la libertà
L’onorevole parlamentare deforma
Casta ricca tecnocratica impera.
Lo scriteriato maggioritario squilibra
Rovina rapporti economia finanza
Distrugge serena convivenza
Le urne diserta.
Il puro proporzionale salva società
Giustizia Libertà Democrazia
Dignità Fiducia Partecipazione
Il Saggio leale confronto: governabilità.
-Renzo Mazzetti-

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