CHINNICI E LA TORRE
mercoledì, 24 luglio 2019
CHINNICI E LA TORRE
Nell’istruzione dei processi di mafia, fatti nuovi si sono
verificati dall’estate 1982 in poi. Sulla base dei rapporti della squadra
mobile e dei carabinieri, ai quali hanno fatto immediatamente seguito accurate
e specifiche indagini della polizia tributaria, è stato possibile acquisire
concreti elementi di prova in ordine ai reati di associazione per delinquere
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, alla produzione e spaccio
delle sostanze stesse. I risultati conseguiti fino ad oggi hanno fornito
conferma alla tesi di coloro i quali hanno sempre sostenuto che nei processi a
carico di appartenenti ad associazioni mafiose è necessario che tanto le
indagini di polizia giudiziaria quanto quelle giudiziali siano indirizzate,
principalmente, all’accertamento di quelle attività illecite che a seconda dei
momenti, caratterizzano l’opera della mafia: dalla mediazione esosa e
parassitaria sui trasferimenti delle aree fabbricabili, allo sfruttamento delle
risorse idriche per uso irriguo, dalle guardianie nei cantieri edili al
contrabbando di tabacchi lavorati esteri, dall’imposizione di tangenti a pesanti
interventi nel settore degli appalti di opere pubbliche e in taluni settori
dell’attività amministrativa. Siffatti risultati hanno dimostrato che le
associazioni mafiose nel momento in cui operano gli illeciti interventi in
settori nei quali necessariamente sono costretti a intrattenere rapporti con
delinquenti non inseriti, in modo organico, nelle associazioni stesse,
diventano vulnerabili alle forze di polizia e alla magistratura; lo diventano
ancora più quando, intraprendendo attività economiche dall’apparenza lecita per
reimpiegare gli enormi profitti conseguiti attraverso operazioni illecite sono
costrette a intrattenere rapporti con istituti di credito pubblici o privati o
con la pubblica amministrazione. Oggi si può sostenere che l’accumulazione di
capitali enormi seguiti alla criminale attività nel campo degli stupefacenti ha
finito paradossalmente con l’aprire una breccia nell’impenetrabile muro che ha
sempre circondato e protetto le imprese mafiose. Nella lotta contro le
associazioni mafiose un notevole passo in avanti è stato fatto dopo l’entrata
in vigore della legge La Torre del 13 Settembre 1982. La legge, introducendo
nel vigente codice penale il reato di associazione per delinquere di tipo
mafioso, colma una lacuna: nella pratica giudiziaria, infatti, da qualche
decennio era invalsa la prassi di diversificare l’associazione per delinquere
mafiosa da quella comune aggiungendo nella formulazione del capo di imputazione
l’espressione “di tipo mafioso”. La legge, con particolare riferimento all’acquisizione
delle prove, si appalesa di estrema rilevanza sia sotto il profilo sostanziale
che sotto l’aspetto processuale. Dal punto di vista sostanziale essa,
individuando nell’accumulazione illecita di ricchezze l’obiettivo principale
dell’associazione mafiosa, offre all’operatore precise indicazioni utili sul
terreno nel quale deve svilupparsi l’azione di prevenzione e di repressione; è
il campo delle attività economiche in genere, degli appalti, dei servizi
pubblici, delle concessioni, nel quale, specie nell’ultimo decennio si è avuta
la presenza massiccia e devastante delle associazioni mafiose. La validità
della legge, ancora prima dell’approvazione, è emersa a pochi mesi dalla
presentazione, quando, utilizzando le norme del codice di procedura penale i
magistrati palermitani diedero inizio a quell’intensa attività istruttoria che
li spinse ad indagare fuori dal territorio nazionale e che rivelò una realtà
mafiosa con caratteristiche nuove, organizzazioni mafiose prepotentemente
inserite nel tessuto socio-economico dell’isola che avevano assunto metodi
gangsteristici e terroristici, con saldi e stabili collegamenti col crimine
organizzato nazionale e internazionale. (Meditazione sulla relazione tenuta da
Rocco Chinnici a Palermo nel Gennaio 1983).
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