DUE GIUGNO (UMBERTO TERRACINI)
mercoledì, 5 giugno 2019
DUE GIUGNO (UMBERTO TERRACINI)
Se si volesse trovare un filo conduttore nella lunga vicenda
umana e politica di Umberto terracini, e si volesse sintetizzarlo in una sola
espressione efficace, questa potrebbe essere: “La forza della ragione”. La
storia di Terracini è la storia di un militante che più volte, nella sua vita
politica, ha avuto “ragione contro il partito” ma che, per la sua formazione
terzinternazionalista e per la sua stoffa di grande dirigente, è sempre stato
consapevole che, anche a prezzo di gravi sacrifici e dolorose rinunce, ciò non
doveva portarlo ad avere “ragione fuori dal partito”. Eletto nel Comitato
centrale della frazione comunista al convegno di Imola, Terracini firmò con
Bordiga la relazione di questa al congresso di Livorno, durante il quale
rivendicò in un lucido e serrato discorso le ragioni storiche e ideali della
scissione. Eletto nel Comitato centrale del Pci e, solo del gruppo ordinovista,
nell’Esecutivo, nel Maggio del 1921 si recò per la prima volta nella Russia
sovietica per partecipare ai lavori del III Congresso dell’Internazionale
comunista, al termine dei quali fu eletto membro dell’esecutivo. Toccò a lui
farsi portavoce delle perplessità del Pci per la nuova politica di “fronte
unico” dell’Internazionale comunista, in un intervento che gli valse una dura
replica polemica di Lenin. Al momento della marcia su Roma si trovò ad essere
uno dei pochi dirigenti presenti in Italia e resse, con Ruggero Grieco, la
direzione del partito nel momento della maggiore repressione: a Milano
riorganizzò clandestinamente la segreteria, con un’opera difficile e pericolosa
di cui Togliatti gli diede atto più tardi, scrivendo a Gramsci che a Terracini
si doveva “in gran parte la rapidità con cui il partito ha ricostituito le sue
file dopo gli ultimi colpi”. Fu incarcerato per sei mesi, proprio mentre era in
corso il dibattito che precedette il congresso di Lione, dal quale fu rieletto
alle più alte cariche del partito. Liberato nel Febbraio del 1926 diresse
l’Unità di Milano e l’organizzazione dell’attività sindacale e di massa.
Arrestato di nuovo in Settembre, dopo le leggi eccezionali fu deferito al
Tribunale speciale. Nell’istruttoria per il celebre “processone”, la posizione
di Terracini, concordemente indicato dagli inquirenti come “uno dei capi più
autorevoli e più sentiti del Pci e indiziato quale massimo organizzatore del
partito, si presentò subito gravissima. Nel Maggio del 1930 Terracini è di
nuovo in carcere, dopo sette anni dal carcere viene assegnato al confino, prima
a Ponza e poi a Ventotene. Terracini torna libero nell’Agosto del 1943 ma,
esposto alla minaccia delle persecuzioni razziali, fu costretto ad espatriare
in Svizzera, dove fu internato per più di due mesi in un campo profughi. Poco
dopo Terracini passò clandestinamente da solo la frontiera unendosi alle
formazioni partigiane che avevano occupato l’Ossola fungendo in
Settembre-Ottobre da segretario della giunta della Repubblica libera. Alla
caduta di questa, dovette però nuovamente passare in Svizzera, dove lo
raggiunse l’invito della segreteria del partito a raggiungere Roma, avendo la
Direzione deciso di reinserirlo nel lavoro degli organi centrali del Pci.
Consultore nazionale e membro dell’Alta Corte di giustizia, fu eletto deputato
alla Costituente, quindi presidente dell’Assemblea stessa. Mise a disposizione
della guida dei lavori doti di penetrazione, di diplomatica energia e di
chiarezza sintetica che gli valsero la stima generale e che ne fanno uno dei
massimi artefici della Costituzione repubblicana. (Meditazione su: Umberto
Terracini che da detenuto nelle carceri fasciste divenne un padre della
Repubblica).
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