ARBITRIO E LEGGE
martedì, 25 settembre 2018
ARBITRIO E LEGGE
I primi uomini, non ancora eccitati da male passioni, vivevano senza infamia, né delitti, e, perciò, senza colpa né castighi. Neppure v’era bisogno alcuno di premi, poiché gli uomini istintivamente ricercavano solo cose buone ed oneste, e, perché nulla desideravano contrario al bene, nulla era ad essi impedito con la minaccia di pene. Al contrario, abbandonata l’eguaglianza, e la temperanza e il sentimento dell’onore sopraffatti dalla cupidigia e dalla prepotenza, sorsero governi dispotici, che presso molti popoli rimasero per sempre. Alcuni, invece, o subito o più tardi, mal sopportarono il potere dei re e preferirono l’istituzione delle leggi. Queste in un primo tempo furono semplici, in armonia con la natura primitiva degli uomini, e fra esse furono celebri soprattutto le leggi dei Cretesi e quelle degli Spartani, compilate le une da Minosse e le altre da Licurgo. In tempi più recenti Solone ne scrisse altre per gli Ateniesi, già più raffinate e più varie. Presso di noi Romolo regnò a suo arbitrio assoluto, dopo di lui Numa tenne soggetto il popolo con i vincoli della religione, e con il diritto divino, Tullo ed Anco a loro volta istituirono altre norme di vita, ma, più di tutti, Servio Tullio fu ordinatore di un corpo di leggi, alle quali gli stessi re dovessero obbedire. (Meditazione su: XXVI, Annali, Tacito).
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