IL PRINCIPE TRADITORE

venerdì, 29 dicembre 2017

IL PRINCIPE TRADITORE

Carlo Alberto segna nella storia della monarchia sabauda un momento di speciale importanza: quello del passaggio da una politica basata quasi esclusivamente sull’abile destreggiamento fra monarchie e governi stranieri per l’estensione degli stati ereditari ad una politica di non meno abile e spregiudicato manovrare fra le forze politiche e sociali interne del regno, risvegliate e poste in movimento durante il tempo napoleonico in ripercussione della Rivoluzione francese. Ancora giovane e senza validi titoli alla successione, il Principe ambizioso non esita, infatti, per ascendere al trono dal prendere contatti coi gruppi cospiratori della Carboneria, e cioè con la sorgente borghesia che aspira a modificare in senso liberale la struttura ed i metodi di governo del modesto Stato subalpino, contro il re in trono, il vecchio Carlo Felice, zelante custode del feudalesimo reinstaurato dopo il crollo di Napoleone. Ma, come è noto, non appena le sorti della cospirazione volgono al peggio, Carlo Alberto tradisce i cospiratori, abbandonandoli all’implacabile vendetta del monarca; e, tuttavia, egli si assicura ugualmente l’ascesa al trono, combattendo in Spagna in servizio della reazione e contro gli istituti liberali. Mirabile esempio di immoralità politica sul quale, per oltre un secolo, i regali successori si sforzeranno, poi, di modellare la propria azione. Carlo Alberto è il re dello Statuto; né vi è da meravigliarsi se i suoi eredi, buoni conoscitori, attraverso le memorie familiari, del valore opportunistico attribuito al documento dal principe fedifrago, non si siano mai sentiti vincolati alle sue pattuizioni e le abbiano metodicamente misconosciute, ogni qual volta lo richiedessero l’interesse della dinastia e dei gruppi privilegiati che l’attorniavano. Lo Statuto Albertino, d’altronde, non fu il frutto di una consultazione di popolo la l’escogitazione di una ristrettissima congrega di reali consiglieri intesi, più che a soddisfare i bisogni di libertà dei cittadini, ad offrire alla monarchia un nuovo bastione di difesa e salvezza. Esso era, perciò, del tutto inadatto ad assicurare un conseguente sviluppo dei nuovi rapporti politici generati dalla trasformazione della vecchia società, fondiaria-mobiliare nella nuova, borghese-capitalistica; e divenne, poi, assolutamente inconciliabile con le esigenze risolutamente democratiche del nostro paese dacché in questo le masse lavoratrici, cresciute in numero ed in coscienza politica, vollero esercitare il loro diritto di intervenire nella direzione degli affari nazionali. La partecipazione di Carlo Alberto alla prima guerra del Risorgimento nel 1848-49 porta in sé lo stesso marchio di egoistica preoccupazione dinastica. Spregiatrice di ogni piena e leale collaborazione con i popoli levantisi a riscossa e libertà, essa si propose null’altro che il vantaggio territoriale della “corona” e da questo pospose quegli accordi e quei riconoscimenti che avrebbero potuto potenziare la forza combattiva dell’esercito regio ed aprire la via della riscossa. L’abdicazione di Novara, sul campo sparso di cadaveri, e la fine oscura ad Oporto circondano forse di un alone romantico il nome di questo capostipide dell’ultimo ramo regnante dei Savoia. Ma l’espiazione, d’altronde tenue, dinnanzi all’enormità delle colpe, non ha cancellato la memoria di queste nella coscienza del popolo italiano. (Meditazione su: La Costituzione Albertina di Umberto Terracini, Marzo 1948).

L I B E R I   E D  E G U A L I
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli
di ordine economico e sociale,
che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini
il diritto al lavoro e promuove le condizioni
che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un’attività o una funzione che concorra
al progresso materiale e spirituale del società.
La Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali;
attua nei servizi che dipendono dallo Stato
il più ampio decentramento amministrativo;
adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione
alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
-Enrico De Nicola-
(Presidente della Repubblica)
-Umberto Terracini-
(Presidente [Comunista] dell’ Assemblea Costituente)
Alcide De Gasperi-
(Presidente [Democristiano] del Consiglio dei Ministri)
-Grassi-
(Il guardasigilli)

Vedi: 

CARTA BIANCA (21 Novembre 2017)  



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