LA NUOVA ECONOMIA

 

domenica, 22 ottobre 2017

LA NUOVA ECONOMIA

Per avere un paio di scarpe dobbiamo avere il denaro necessario, una parte di salario o stipendio avuto come risultato dalla vendita della nostra forza lavoro. Cioè, abbiamo venduto una merce (la forza lavoro) per avere denaro con il quale acquistare un’altra merce (le scarpe): insomma abbiamo venduto per poi comperare. Nulla di complicato poiché si tratta di atti che tutti noi compiamo quotidianamente. Retrocediamo nella storia fino a un ipotetico villaggio preistorico, dove la gente coltiva rozzamente la terra e va a caccia. Il prodotto, appena sufficiente e talvolta insufficiente al fabbisogno, viene distribuito direttamente fra i membri della piccola comunità, senza che vi sia scambio. Solo eccezionalmente la caccia o i campi danno più del necessario e l’eccedenza può quindi essere barattata con qualche altra tribù. Può essere, non è detto che lo sia: perché gli scambi divengano certi è necessario che trascorra ancora molto tempo, che la produzione aumenti grazie a nuove scoperte, che le comunicazioni divengano più facili e sicure, che si moltiplichino i mezzi di trasporto. Dunque quegli atti per noi oggi così elementari (vendere e comprare) furono un tempo cosa piuttosto complessa: per consolidarsi richiesero che l’uomo fosse in grado di produrre più di quanto era strettamente necessario per la sua esistenza. Orbene, se vogliamo indicare un aspetto di quel villaggio preistorico, possiamo dire che ad esso era sconosciuto il “mercato”. Gli storici e gli economisti usano infatti distinguere fra economia di consumo e economia di mercato per caratterizzare, con la prima espressione, una comunità nella quale si produce per consumare direttamente e, con la seconda, una comunità nella quale invece si produce per vendere. La massaia in compagnia dei familiari compie un atto che rientra nella definizione “economia di consumo”, mentre, quando si reca dal macellaio per provvedersi di carne, agisce nell’ambito dell’“economia di mercato”, effettua uno scambio. Nella storia dell’umanità, l’economia di consumo è andata via via restringendo la propria zona d’influenza a vantaggio del “mercato”, soprattutto nell’era moderna, quando le trasformazioni tecniche e il rivoluzionamento dei rapporti sociali impressero alla produzione e alla divisione sociale del lavoro uno sviluppo allora mai visto. A questo punto è ben chiaro che “mercato” nel linguaggio economico non indica un luogo o un edificio: esso vuol significare semplicemente che i prodotti del lavoro umano giungono in possesso dei singoli attraverso una serie di atti per cui merci vengono cedute contro denaro e denaro contro merci. Naturalmente il concetto implica anche quello di valore e di prezzo, nonché quello di moneta: in un’economia di mercato infatti le merci si scambiano e lo scambio avviene sulla base del valore che, espresso in termini di moneta, assume il nome di prezzo. Volendo riassumere le condizioni tipiche dell’economia di mercato, possiamo dire che è necessario: a) uno sviluppo tale delle forze produttive da permettere una certa divisione sociale del lavoro, ossia la esistenza di produttori specializzati: è evidente che se ciascuno produce tutto quello di cui egli abbisogna, lo scambio non ha ragione d’essere; b) la possibilità dei singoli produttori di entrare fra loro in contatto e di indicare il valore delle merci con un unico metro, la moneta. Ma è condizione essenziale per un’economia di mercato la esistenza del capitalismo? Quanto prima abbiamo detto presuppone una risposta senz’altro negativa: vi è stato infatti un mercato anche quando i rapporti sociali erano di tutt’altra natura di quelli che caratterizzano il capitalismo. Semmai si deve dire che il mercato raggiunge il suo massimo sviluppo solo nell’epoca del capitalismo. In un paese socialista invece la importanza del mercato diviene assai meno considerevole (basti solo pensare che non esiste più un mercato del lavoro), senza però che la produzione mercantile sparisca totalmente: alla nuova economia, lo scambio di merci serve ancora, in particolare nel settore della distribuzione dei beni di consumo e quindi nei rapporti fra città e campagna. (Meditazione su: Che cos’è il mercato?).

 

 

 

Vedi:   CATALOGNA E DEMOCRAZIA (13 Ottobre 2017)

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