SORGENDO
VENERDI' 8
APRILE h. 06,05.
( foto : TRICOLORE ITALIANO )
La rivoluzione italiana non è compìta: la monarchia l'ha
fermata a mezzo. Bisogna compirla o perire: perire di lenta morte nella rovina
economica, o di violenta nell'anarchia: sperare che si stabiliscano, prima
d'averla compìta, condizioni di normale securità pel paese, è follia; e i
sintomi crescenti ogni giorno provano nella realtà ciò che la logica insegna al
pensiero. Per uscire dall'inerzia e avviarsi al fine, è necessaria una
iniziativa. L'iniziativa non può uscire dalla monarchia, non può uscire dal
Parlamento monarchico, non può dunque uscir che dal popolo. Il paese è maturo
per accogliere e secondare il sorgere di questa iniziativa popolare: il
desiderio d'un mutamento è universalmente diffuso in esso. I due soli ostacoli
che s'attraversino a quel desiderio sono: incertezza diffidente sull'avvenire,
alimentata da una stampa calunniatrice, mancanza di coscienza della propria forza.
Bisogna vincere il primo ostacolo coll'apostolato, dichiarando ripetutamente
ciò che la Repubblica è e ciò ch'essa non è. Separandosi lealmente e
coraggiosamente dagli amici che traviano, e respingendo gli stolti concetti che
sostituirebbero una tirannide all'altra. Il secondo ostacolo non può superarsi
che coll'argomento col quale il vecchio
filosofo provava allo scettico l'esistenza del moto, coll'azione; bisogna che
una città provi, sorgendo e vincendo e vincendo, al paese che, volendo, si può.
L'iniziativa Italiana diventerebbe rapidamente, se diretta da uomini che
sapessero e osassero, iniziativa Europea. E scrivendo questa linea, m'è
impossibile non aggiungerne alcune di sorpresa
e lamento. L'orgoglio, quando si perde intorno a misere ambizioncelle
dell'io e s'affatica a crear superiorità artificiali di ricchezza, di potenza o
di quella fama d'un giorno che Dante paragonava a un color d'erba che va e
viene, è colpa, e meschina. Ma l'orgoglio raccolto intorno all'anima dal
ricordo dell'ultima parola dei martiri per una idea, dalla voce profetica di
tutta una tradizione religiosamente interrogata, da una riverenza che adora
ogni indizio di disegno provvidenziale, da un immenso amore per la terra che vi
fu culla e ha le tombe dei vostri più cari, da un senso di vita collettiva che
abbraccia quanti vi furono, sono e saranno più strettamente fratelli, dalla
tacita eloquenza d'una natura che si stende, privilegiata oltre ogni altra,
intorno a noi, quasi mormorandoci: Siate grandi quant'io son bella. -Giuseppe
Mazzini-
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ALL'ITALIA NEL 1796
Io vidi il fuoco fra
la crebra e nera
Nube che vela le tue
balze alpine,
O delle antiche età
reina altera,
Seduta or mesta sulle
tue rovine.
Sei tu quella sì vaga,
ed ahi! Sì fiera,
Invidia un dì
dell'emole reine?
Ohimé! Ricopre tua
beltà primiera
Un manto bruno, un
lacerato crine.
Ma come, oh! Come, fra
i tremendi orrori,
Sacrati, o madre
d'infelici e mia,
Ardirò il serto degli
Aonii fiori?
I' t'offro i carmi
alla stagion del pianto;
Ma canta il cigno
allor che muor, né fia
Chi vieti al cigno
moribondo il canto.
-Diodata
Saluzzo-
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