GRAMSCI,UN UOMO
lunedì, 29 marzo 2010
GRAMSCI,UN UOMO
Di Antonio Gramsci, della sua vita e dell’opera sua abbiamo
parlato e scritto ampiamente, noi che fummo suoi compagni d’ arme, che nella
luce del suo pensiero e insieme con lui abbiamo vissuto, lavorato, combattuto.
Ci hanno anzi accusato di aver voluto comporre e diffondere, attorno alla
persona e alla esistenza sua, una agiografia, di averne voluto fare una specie di
santo dei tempi nostri. Che cosa siano stati, nel passato, i santi e che cosa
possa essere un santo del giorno d’oggi, io veramente con esattezza non so.
Credo di essere nel vero ritenendo che anche un santo possa aver fatto qualcosa
non giusta; che anche un santo possa, insomma, aver peccato. Ma questo discorso
non ha nessun valore se riferito a un uomo moderno, vissuto con la coscienza
che il solo peccato ch’egli poteva commettere era di non tenere quel posto che
a lui era affidato da un intreccio quasi fatale di fattori oggettivi e
soggettivi che oramai lo trascendevano, e che erano la storia del suo paese,
del movimento delle classi oppresse e della sua stessa persona, nella penosa
ricerca del rapporto con i suoi simili. Fattori che lo trascendevano, ma che
egli conosceva e fino all’ultimo si sforzò di dominare, in un processo che ebbe
periodi di lungo, tenace travaglio e scorci di rotture e contrasti violenti. A
noi si potrebbe fare un rimprovero se di questo processo, nel quale si
racchiude una vita tormentata, che finì col sacrificio di se stessa, avessimo
nascosto o cercato di contraffare qualcosa. Ma ciò non è vero. Ciò non ha
potuto essere provato da nessuno che fosse in buona fede. E la conferma viene
ancora una volta da questa nuova raccolta antologica degli scritti del nostro
grande compagno, di cui dobbiamo essere grati all’ editore Mondadori e ai
pazienti e attenti compilatori, Giansiro Ferrata e Niccolò Gallo. Saranno, nel
complesso, certo più di duemila pagine ed ora ne escono due volumi, ricchi di
scritti nuovi: lettere non comprese nelle precedenti raccolte perché non ancora
recuperate; articoli di quel biennio di fuoco e di battaglia che fu il 1921-22,
stralciati da una edizione completa non ancora potuta ultimare per la
difficoltà della precisa individuazione dell’autore di ogni scritto; documenti
dell’attività come dirigente del partito comunista dopo il 1923. Nel complesso,
non esce da queste pagine un Gramsci nuovo, soprattutto per coloro che furono a
lui più vicini e presero parte all’opera sua. Qualcosa nuova, però, ne esce.
Qualcosa che richiede una riflessione più profonda di quella che di consueto
abbiamo dedicato alla vita sua. E’ stato del tutto naturale e giusto, per noi,
considerare la vita di Gramsci quasi parte integrante dell’attività del nostro
partito, delle sue ricerche ed elaborazioni politiche, delle sue lotte, dei
suoi sacrifici. Non vorrei che questa considerazione avesse ridotto la figura
del nostro compagno, oppure dato ad essa un rilievo non giusto, tale che non ne
abbracci e spieghi a tutti gli aspetti e la sostanza vera. Forse dipende dal
tempo che è passato, che ha gettato ombre e luci nuove su tanti avvenimenti;
che ha fatto talora balzare in primo piano fatti e linee di azione che ci
eravamo abituati a collocare nelle loro caselle, con un giudizio ormai
definito, senza più pensarci troppo, e di altre cose, invece, ha sfumato
l’importanza. Non so se sia per questo motivo. Certo è che oggi, quando ho
percorso via via le pagine di questa antologia, attraversate da tanti motivi
diversi, che si intrecciano e talora si confondono, ma non si perdono mai, la
persona di Antonio Gramsci mi è parso debba collocarsi essa stessa in una luce
più viva, che trascende la vicenda storica del nostro partito. Non riesco a
trovare, nella storia dell’ultimo secolo del nostro paese, una figura che gli
stia a pari, dopo la scomparsa dei grandi del Risorgimento. Vi furono famosi
specialisti del pensiero; vi furono, a un livello più basso, uomini di azione
degni di nota. Gramsci non ha messo assieme, non ha comodamente messo assieme,
volevo dire, nessun sistema della ragione. Nella sua vita la dialettica della
lotta tra la volontà e la ragione e le spinte oggettive naturali e sociali
assume però le note del dramma, che non tanto prelude, quanto è già un atto
vissuto della ricerca morale dei tempi nostri.
Ripenso a quella lettera, dove egli riflette che dopo non so quanti anni tutte le particelle del suo organismo fisico dovevano essere cambiate. Egli rimaneva quello di prima e di sempre, però. E andava avanti sicuro per la strada che si era scelta. Se si trattasse di un santo, direi che qui affiora il momento della tentazione. Ma il problema dell’esistenza, del presente, del futuro e dell’eterno ( il fur ewig ), viene risolto, da lui, con l’affermazione sicura della persona. Era una persona creatasi col lavoro e con la sofferenza, una sofferenza di cui abbiamo, in alcune di queste pagine, attestazioni vive, laceranti. Nemmeno a noi, che gli fummo tra i più vicini, egli aveva aperto, se non per sprazzi di luce assai rari, questa parte di se stesso. Se ora cerco di comprendere perché non lo facesse in modo più ampio, la sola ragione che trovo era che egli considerasse anche la sua sorte personale come cosa necessaria. E tra le cose necessarie, si doveva guardare alla sostanza e all’essenziale, la spietata lotta delle classi, la vittoria della prima rivoluzione proletaria, la elaborazione di una dottrina che non negasse le cose reali, non credesse di poterle superare con salti di irresponsabile ottimismo e superficialità, ma aderisse ad esse e ne indicasse il superamento attraverso una sia pur crudele, disincantata consapevolezza. Questo è Gramsci. Così ci appare egli oggi, nell’unità inscindibile della lotta politica da lui condotta e della riflessione quieta ( ma non sempre… ) dei Quaderni del carcere. Antonio Gramsci è la coscienza critica di un secolo di storia del nostro paese. Il suo giudizio e la sua azione si inserirono nei fatti della nostra storia per un periodo breve e in settori ben delimitati. Sono oggi presenti nella ricerca politica, nelle posizioni ideali e pratiche del nostro partito. Ma i compagni mi scusino se dico che non è questo, a mio modo di vedere, ciò che conta di più. Conta più di tutto quel nodo, sia di pensiero, sia di azione, nel quale tutti i problemi del tempo nostro sono presenti e si intrecciano. E’ anche un nodo di contraddizioni, lo so; ma sono contraddizioni che trovano la loro soluzione non in un pacifico giuoco di formule scolastiche, ma nell’affermazione di una ragione inesorabilmente logica, di una verità spietata e della costruzione operosa di una nuova personalità umana, in lotta non solo per comprendere, ma per trasformare il mondo.
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