EBREI E SPAGNA

 

domenica, 26 agosto 2018

EBREI E SPAGNA

Nella seconda metà del 1400 vari erano gli elementi sociali che componevano il popolo spagnolo e varia era anche la loro forza economica. Vi erano i discendenti dai mussulmani, i cosiddetti “moriscos”, la cui influenza politica e sociale non era molto grande. Vi erano gli ebrei che rappresentavano, invece, con la loro attività, la vera potenza economica della Spagna e che, pertanto, avevano assunto una posizione di predominio nella vita del paese. Vi era, infine, la nascente borghesia spagnola, ansiosa di strappare a tutti gli altri elementi, che essa riteneva non nazionali, ogni influenza politica e sociale. E proprio nella seconda metà di quel secolo l’aspirazione di quest’ultima doveva essere sostenuta e difesa dalla monarchia, che, come era avvenuto anche in altri paesi d’Europa, aveva compreso la necessità di appoggiarsi alla borghesia per affermare stabilmente il suo potere. Così, i nuovi sovrani, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, che salirono al trono nel 1479, assecondarono gli sforzi e le intenzioni della borghesia, iniziando una lotta a fondo contro gli altri elementi che componevano il popolo spagnolo. Combatterono, infatti, fino a sconfiggerli definitivamente nel 1492, contro i mussulmani del regno di Granata; ma, contro gli ebrei la lotta non si presentava così semplice né così facile, tanto più che questi non erano concentrati in un solo centro, ma si erano mescolati a tutto il popolo. Si cercò, allora, con l’ipocrisia che spesso ha contraddistinto le azioni della borghesia, un modo con cui condurre questa lotta spietata, ma, nel tempo stesso, velarla sotto le apparenze della difesa di valori più alti, che non potevano essere altro, in quel periodo e nella Spagna, che i valori religiosi. In tal modo, vi erano tutte le condizioni favorevoli perché fosse stabilita l’Inquisizione in Spagna, condizioni soprattutto sociali nella lotta che la borghesia intendeva intraprendere contro l’influenza economica preponderante degli ebrei. L’espulsione di questi fu così, una vera e propria speculazione del sovrano e della borghesia che stava diventando potente politicamente. Pertanto il 1° Novembre del 1478, d’accordo con il papa Sisto IV, Ferdinando ed Isabella introdussero l’Inquisizione nella Spagna: si trattò, per così dire, di un vero e proprio “concordato”, che consentì alla Chiesa la difesa del cattolicesimo, ma permise al sovrano la lotta spietata contro gli elementi che voleva eliminare. A favorire l’accordo fra il papa e il sovrano concorse, in misura non lieve, il fatto che gli ebrei rappresentavano il nemico comune. Ma questo stesso fatto e l’interesse veramente predominante che aveva Ferdinando nell’azione della Inquisizione, per raggiungere i suoi fini politici, spiegano i contrasti con Roma, che avrebbe voluto, invece, che l’Inquisizione dipendesse interamente da essa. Eppure, sebbene si delineasse a più riprese, tale contrasto, esso non giunse mai al punto critico della rottura, ed i sovrani di Spagna continuarono a servirsi di quel potente strumento di persecuzione per i loro fini politici e sociali, mentre la Chiesa fornì i mezzi che consentirono a quello strumento di operare, rendendosi, pertanto, complice della oppressione e della reazione politica non meno utili per i suoi interessi di predominio e di usurpazione, di quanto non fossero per la monarchia. Come riferisce il Tamburrini, “dal 1478 al 1482 i tribunali creati in Castiglia (si badi: nella sola Castiglia, cioè in una sola regione della Spagna) per esaminare la fede dei nuovi convertiti, condannarono al fuoco duemila persone; altri accusati di miscredenza in assai più copioso numero perirono nelle prigioni; altri (e questi furono trattati con maggiore indulgenza) vennero segnati con una croce arroventata sul petto e sulle spalle, dichiarati infami e spogliati d’ogni loro avere”. La lotta contro gli ebrei fu violenta e senza pietà, tanto che circa ottocentomila persone furono scacciate dalla Spagna, senza contare tutte le altre migliaia di persone condannate e bruciate. L’accanimento della Inquisizione si estese, alcuni anni più tardi, anche contro quegli ebrei che, per sfuggire alle persecuzioni, si erano convertiti al cristianesimo, e che furono chiamati “marrani”. Il fanatismo religioso unito al violento odio della borghesia non poteva certo perdonare loro: venivano essi rintracciati, scoperti e condannati senz’altra accusa che quella di essere ebrei. Dai calcoli che sono stati fatti, risulta che il primo inquisitore generale, Tomaso Torquemada, fondatore e organizzatore dell’Inquisizione spagnola, passato ai posteri con la fama di una jena assetata di sangue, fama pienamente meritata per le atrocità di cui l’Inquisizione ha macchiato il nome dell’umanità, fece bruciare, nei diciotto anni della sua carica, 10.200 vittime, e condannare alla confisca dei beni, alla prigione perpetua ed alla esclusione dai pubblici impieghi 100.000 persone. I tormenti erano, in gran parte, quelli usati anche dalla Inquisizione medioevale, cioè la ruota, la carrucola, il graticcio infuocato su cui si faceva camminare l’imputato ma, naturalmente, questi tormenti erano raffinati e perfezionati da una crudeltà sempre più ricercata. Chi finiva tra gli artigli degli inquisitori era talmente sicuro di morire, che spesso preferiva por fine alla sua vita da sé, spaccandosi il cranio contro i muri delle celle tetre e fradicie in cui i prigionieri venivano gettati, privi d’aria e di luce. A questo proposito, il celebre storico dell’Inquisizione Lavallée scrive che se molti erano coloro che si uccidevano per sottrarsi alle torture innominabili che li attendevano, ben maggiore era il numero di quelli che, spinti dall’istinto di conservazione, preferivano andare incontro ai ferri dei carnefici sperando forse nella propria resistenza e nella umanità degli inquisitori. Speranza vana! In quelle diaboliche figure di domenicani e di francescani, che fungevano da inquisitori, e che gareggiavano in atrocità, non v’era nulla di umano: i loro ferri roventi affondavano senza scampo nelle carni delle vittime, finché ottenevano la confessione voluta. Poi veniva, liberatrice, la morte: ma anche per questa i carnefici ricorrevano ad una messa in scena di una malvagità senza pari: incolonnavano i condannati e li portavano sulle piazze ad offrire spettacolo della propria morte sul rogo orrendo monito al popolo oppresso. La vendetta degli inquisitori si estendeva anche ai morti, le cui ossa venivano dissepolte, qualora si fosse avuto il sospetto di una loro eresia, e bruciate. Tanto era, inoltre, il terrore che la Inquisizione esercitava sugli spiriti, da spingerli a negare non solo ogni assistenza, ma anche ogni relazione con i condannati; si infrangevano così anche i più dolci sentimenti di parentela sotto la spinta del terrore. (Meditazione su: l’Inquisizione di Spagna di Catalano Franco).

GIOIA E LIBERTA'
Quanti analfabeti sono intelligenti
e quanti laureati sono ignoranti?
Quanti governanti inesperti ma bravi
e quanti esperti competenti ma ladri?
Gli interrogativi imperiosi
severi indicano troppi disastri.
Disastri fatti da titolati esperti ma ladri
non da ignoranti inesperti ma bravi.
L'attenzione sulla demografia
aiuta lo sviluppo dell'economia.
L'insegnante ai giovani ripete:
“Per risolvere i vostri problemi,
amate con gioia e agite ribelli;
per risolvere i problemi della società,
trombate senza protezioni in libertà”.
-Renzo Mazzetti-
(25 Agosto 2018)


Vedi: SAGGEZZA E GIUSTIZIA (16 Agosto 2018)

 


Commenti

Post popolari in questo blog

"Il Bicefalo e le Dimenticanze tra le Righe"

APPROFONDISCI: RACCOLTA POESIE

ANTIFASCISMO