CRITICA TEATRALE
giovedì, 26 luglio 2018
CRITICA TEATRALE
Non tragedia dell’orrore, né della paura, né dell’ambizione,
come è stata volta a volta chiamata, ma tragedia solo di Macbeth, di un uomo,
di un carattere, ben definito nello spazio e nel tempo. Egli solo riempie tutto
il dramma e ne è l’eroe. Shakespeare, scrive Gramsci, pone la tragedia in un
ambiente storico, in un tempo e in un luogo nel quale anche il soprannaturale
era elemento della realtà, era parte viva delle coscienze, e appunto perciò
questo soprannaturale non è meccanico, non è astrazione fredda, non è ripiego
comodo per trarre dai fatti elementi di successo; è certo esistenza,
integrazione necessaria. Vediamo svolgersi questo dramma con una logica
interiore inflessibile. La predizione delle streghe del primo atto, Macbeth è
incerto in principio, titubante; la grandezza del destino che lo attende lo scrolla
fin nell’intimo della sua umanità, fa traballare, ma non distrugge d’un tratto
nella sua coscienza le leggi morali ….. [si sente un fruscìo: è “Il verso del
cane”, la pagina culturale che, con tutte le altre pagine di “Abbaio”,
scivolano sul tappeto e danno il via al concento del russare]. (Ricordo da un
racconto di Tommy detto Tom).
[STORIA E UOMO]
La storia non fa niente,
non possiede enormi ricchezze,
non combatte battaglie.
Bensì l’uomo reale, vivente,
è colui che fa tutto,
che possiede e che combatte.
-Friedrich Engels-
Vedi:
FICO IN AFFITTO (17 Luglio 2018)
Commenti
Posta un commento