MACABRE RADICI
domenica, 4 febbraio 2018
MACABRE RADICI
Il fascismo italiano ha le sue radici negli squilibri
sociali ed economici che l’Italia aveva ereditato da tutto il suo passato e dal
modo col quale si era venuta costruendo come Stato unitario e moderno. Ma
queste contraddizioni diventano esplosive con la guerra del 1915-18, nel
contesto della crisi e del profondo e diffuso malcontento, non solo degli
operai e dei contadini ma anche del ceto medio, che la guerra aveva lasciato
dietro di sé e che non trovò sbocchi in soluzioni democratiche che potessero
costituire un superamento del vecchio ordinamento liberale. Il fascismo sorse a
Milano nel Marzo 1919 facendo proprie demagogicamente le inquietudini del ceto
medio, la sua crisi politica, morale ed economica: il programma fascista di
quei primi anni con le roboanti prese di posizioni anticapitalistiche,
antimonarchiche, anticlericali e antiproletarie è espressione dello stato
d’animo del ceto medio, respinto ai margini della vita democratica e non
conquistato, d’altra parte, dal movimento organizzato degli operai e dei
contadini impegnati in grandi lotte salariali. Si consideri che il programma
fascista di quegli anni, insieme a motivi provenienti dal vecchio nazionalismo
e dall’interventismo dannunziano e mussoliniano del 1914, rivendica il
suffragio universale con rappresentanza proporzionale, il voto alle donne, la
giornata legale di otto ore di lavoro, la fissazione dei minimi di
retribuzione, l’assicurazione di invalidità e vecchiaia a 55 anni, forme di
gestione da parte dei lavoratori di imprese o servizi pubblici, imposta
straordinaria e progressiva sul capitale, revisione dei contratti di forniture
di guerra e sequestro del 5 per cento dei profitti di guerra. Quanto ambiguo e
avventuristico fino al cinismo fosse questo programma e l’atteggiamento di
Mussolini, ex socialista, interventista e ora capo dei “fasci di combattimento”
appare ancor più chiaro delle dichiarazioni pubblicate nel “Popolo d’Italia” il
giorno stesso della fondazione dei fasci: “Noi ci permettiamo il lusso di
essere aristocratici e democratici; conservatori e progressisti; reazionari e
rivoluzionari; legalitari e illegalitari a seconda delle circostanze di tempo,
di luogo e di ambiente”. E quella del maggio 1919: “Non abbiamo la
pregiudiziale repubblicana, non quella monarchica, non abbiamo la pregiudiziale
cattolica, socialista e antisocialista”. Il “Popolo d’Italia” in questi anni
alterna attacchi alla plutocrazia e alle forze dominanti con virulenti attacchi
al partito socialista; Mussolini applaude ogni movimento di massa, anche nel
tentativo di inserirvisi e di assicurarsene la direzione, sostiene
l’occupazione di fabbrica a Dalmine, nel Luglio 1919 i movimenti contro il
caroviveri, e contemporaneamente l’incendio della sede dell’ ”Avanti!” a Milano
e la “impresa” di Fiume che D’Annunzio compie all’insegna della più bolsa
retorica patriottarda e che avrebbe dovuto sfociare, secondo i propositi, nella
sollevazione dell’Italia dei “puri” contro l’Italia “imbrogliona e mangiona” e
dar vita ad una marcia su Roma. Queste sono le armi del fascismo: demagogia
sfrenata e spregiudicata, che sfrutta ogni movimento sia esso popolare o
reazionario, ogni elemento di malcontento contro lo Stato liberale in crisi,
contro governi incapaci di dare soluzione ai problemi del paese; azione
terroristica brutale e inumana, assalto armato e teppistico alle associazioni
democratiche, alle organizzazioni di classe politiche e sindacali; lo
squadrismo. Demagogia e violenza sono il massimo di disegno politico che il
fascismo riesce a esprimere, adattando soluzioni politiche e motivazioni
economiche agli interessi della classe di cui si fa strumento. Tuttavia il
fascismo fino alla fine del 1920, rimane un fenomeno legato essenzialmente al
ceto medio urbano malcontento, stremato dalla guerra e impaurito dagli scioperi
e dalle lotte operaie e contadine. Fenomeno ancora limitato e quasi marginale,
come dimostrano le elezioni politiche del Novembre 1019 e le amministrative
dell’Ottobre del 1920. Ma a questo punto, dopo l’Ottobre del 1920, una nuova
componente viene sviluppandosi: il fascismo diviene strumento della reazione
agraria, e comincia ad assumere nuove proposizioni mentre si mette sulla via
non più della violenza sporadica, ma della violenza sistematica, delle
squadracce, delle “spedizioni punitive”. Gli agrari mobilitano e finanziano le
squadre fasciste per contrastare e piegare la potenza delle organizzazioni di
classe e politiche dei contadini in Emilia e poi nella bassa Lombardia e nel
Veneto. Ma la violenza squadristica, cieca e feroce, non avrebbe permesso al
fascismo di conquistare il potere statale, se al ceto medio e agli agrari del
Nord non si fossero congiunti, terza e decisiva componente del fascismo, i
grandi industriali e i grandi finanzieri. E’ un processo di saldatura che si
verifica dapprima lentamente e poi in modo sempre più rapido ed organico non
appena esso interviene, con tutto il suo peso, l’organizzazione degli
industriali (la Confindustria) che nasce proprio all’inizio del 1920. Fu la
Confindustria, con il suo strapotere economico, le sue relazioni e la sua
influenza tra il personale di Governo e dell’alta burocrazia, a fornire al
fascismo i mezzi per conquistare il potere.
INDOVINA L’INDOVINELLO:
CHI E’ L’AUTORE?
??????????????????????????????????????????????????????????????????
CORVI (parte) *
Come a un cane
lisciano il tuo capo
che penzola dalla forca.
* in I VERSI DEL MIO VIVERE.
Vedi:
PIEDI SPORCHI (19 Dicembre 2017)
PAESE ITALIA (3 Agosto 2017)
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