LA FEBBRE DEL POTERE
domenica, 2 novembre 2014
LA FEBBRE DEL POTERE
Nel quattordicesimo anno del terzo millennio la febbre del
potere contagiò i giovani governanti. Con gli strumenti moderni della
comunicazione, gli ambiziosi politici parlavano direttamente al popolo. Lo
stato di alterazione e di confusione vaneggiava, eccitandosi nell’esaltazione
della loro fantasia, entusiasmavano collettivamente e mandavano in delirio la
folla. I fatti reali non venivano né visti e tanto meno considerati, la cieca
credenza inventava allucinazioni, paradossi e situazioni surreali. La illogicità
dei governanti partiva da premesse analitiche errate, con l’avvenente
apparenza, la loquacità inesauribile e stringente, illudeva di ragionare con
logicità, ma, le conclusioni, in rapporto alle vere problematiche, si
dimostravano, sempre e comunque, disastrosamente errate. Le idee esprimevano
sfacciatamente una superiorità, i cui veri e propri deliri pseudoscientifici
creavano nuove teorie scientifiche del tutto strampalate. I giovani governanti
deliranti suggestionavano talmente i cittadini, i quali persero la personalità
di discernimento ed ipnotizzati si muovevano come automi senza i propri
personali pensieri. I cittadini soggiacevano alla potenza magica del pesante
bombardamento quotidiano delle parole dei governanti, la ragione e gli
argomenti logici erano del tutto scomparsi. (Ricordo da un racconto di
Ariella).
LA VOCE REALE
Dopo la manifestazione di ieri
risulta ancora più chiaro
quanto dicevamo alla Camera
parlando di strappo alla democrazia,
di buia notte della politica,
quando una larghissima quanto illegittima maggioranza
votava l’ingresso dell’Italia in guerra.
Ieri
si è visto quanto sia ampia e profonda la distanza
tra quelle istituzioni, quella politica, quelle scelte e il
paese reale.
L’Italia non vuole la guerra.
Ma siamo di fronte ad un’eclissi della democrazia.
Si può decidere la guerra
perché la democrazia viene messa da parte,
così come si può firmare un contratto separato
perché non si fanno parlare i lavoratori
o non si tiene in conto ciò che dicono.
L’altro giorno ho partecipato
ad una gremitissima assemblea di studenti
e di docenti all’Università di Calabria,
per denunciare la politica di privatizzazione che colpisce i
giovani,
gli studenti, la scuola, le donne e gli uomini del sud.
A Cosenza, come ieri a Roma,
non prevaleva però il senso di paura o di oppressione,
anzi emergeva un sentimento di liberazione
perché tutti potevano riprendere la parola.
-Fausto Bertinotti-
(13 settembre 2001)
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