COMMUNIA
venerdì, 17 maggio 2013
COMMUNIA
L’abolizione della
proprietà, mezzo indispensabile per la realizzazione della comunanza dei lavori
e dei beni, rendeva difficile la dichiarazione pubblica e la diffusione
dell’insegnamento di Gesù, perché i romani ricchi e i giudei, i leviti e i
sadducei avevano tutti interesse a soffocare in germe questi principii. E
poiché oggi abbiamo ancora nella società, seppure sotto altro nome, le stesse
classi, questa abolizione della proprietà, richiesta da tutti, viene
interpretata come una rinuncia raccomandabile, volontaria, non obbligatoria;
tutti i passi biblici, però, malgrado le parole mascherate introdotte di
soppiatto, stanno a dimostrare il primo assioma. Gesù poteva esprimersi molto
più chiaramente di Luca (capo XIV): Così pure chi di voi non rinunzia a tutto
quello che possiede, non può essere mio discepolo. Una prova ancora più forte
per l’abolizione della proprietà, è la risposta che Gesù dette al ricco che lo
interrogava (Matteo, capo XIX): Buon maestro, che dovrò fare di bene io per
avere la vita eterna? E Gesù gli rispose : ”Perché mi chiami buono? Uno solo è
buono, Dio. Ora, se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. ”Quali?”
gli domandò. E Gesù rispose: ”Non uccidere, non commettere adulterio, non
rubare, non testimoniare il falso. Onora il padre e la madre, e ama il prossimo
tuo come te stesso”. E il giovane a lui: ”Tutto questo l’ho osservato fin da
fanciullo; che altro mi manca?”. Gesù gli rispose: ”Se vuoi essere perfetto,
va, vendi quanto hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e
seguimi”. Ma il giovane, udite queste parole, se ne andò contristato, perché
aveva molti beni. E Gesù disse ai suoi discepoli: ”In verità vi dico: un ricco
entrerà difficilmente nel regno dei cieli. Ed io vi dico di più che è più
facile per una gomena o per un cammello passare per una cruna d’ago, che per un
ricco entrare nel regno dei cieli”. Noi vediamo nei Fatti degli apostoli (capo
II) come i primi cristiani ritenessero di dover agire anche effettivamente in
questo senso: e tutti quelli che credevano, stavano insieme, ed avevano ogni
cosa in comune. (Meditazione su Il vangelo di un povero peccatore di Wilhelm
Weitling).
S E N
Z A T
I T O
L O
La società recidiva
senza occhi
senza voce
senza orecchie
reprime immensità di nuova vita
in metafore di vista, di urli, di udito.
La compagine povera che soffre
percepisce ciò che nessun potente
potrà mai imitare o soffocare.
Una nuova èra avanza
nell’aria e nel sangue
già volteggia e pulsa.
Nel sapere di chi non sa
l’alba e il tramonto
è ancora alba e tramonto.
Ma se il tramonto
si chiamasse alba?
E se l’alba
si chiamasse tramonto?
E se la morte della ricchezza
si chiamasse vita?
-Renzo Mazzetti-
Commenti
Posta un commento