MORSA

 

SABATO, 28 GENNAIO 2012

MORSA

 

Nella zona del Comprensorio del Cuoio la popolazione, in questi ultimi tempi, spesso è in fermento e i comitati si moltiplicano per scelte politiche e amministrative che hanno le loro ripercussioni sull’ambiente e indirettamente sulla salute dei cittadini. Scelte probabilmente maturate con una modalità e un metodo non apprezzato dagli abitanti di questo territorio e di fatto contestato e bocciato. Da questa riflessione sentiamo la necessità di dare il nostro contributo perché la politica, in un momento difficile e critico del Nostro Paese, non sia legata ad interessi particolari, ma al servizio della comunità. Sicuramente, la Capacità di Pianificare gli interventi sul proprio territorio avendo cura di garantire il massimo rispetto dell’ambiente e la tutela della salute dei cittadini, è tra i compiti che gli amministratori pubblici di un Comune devono aver ben presente. Per questo occorre la volontà politica di dotarsi di strumenti e regolamenti urbanistici, edilizi che siano in grado di garantire uno sviluppo ecosostenibile e siano all’altezza di respingere richieste non sostenibili e selvagge. Una pianificazione governata da strumenti e parallelamente da indagini e controlli continui che disegnino una mappa oggettiva e reale del territorio. Chiaramente dato che siamo in un territorio definito Comprensorio il governo di esso dovrebbe essere condiviso da scelte, strumenti , regolamenti, sovra comunali. Per questo motivo, a Montopoli, tutti i partiti di maggioranza nel programma di legislatura si erano impegnati per assicurare ai cittadini un Regolamento urbanistico e edilizio in linea con il Piano strutturale e garantire controlli e vigilanza ambientale. Una promessa non dimenticata dal Partito Socialista Italiano e dal Partito della Rifondazione Comunista. A tale proposito, il programma di legislatura sottolineava l’importanza di alcune scelte strategiche. Tra queste l’istituzione del Centro Regionale Arpat in San Romano. Struttura importante sia per controllare quotidianamente le emissioni provenienti dalle attività conciarie e produttive, sia per monitorare quelle a più forte impatto con il telerilevamento in continuo attraverso un numero adeguato di operatori; rappresentando soprattutto lo stesso obiettivo strategico per garantire la risposta adeguata ad opere previste sul il territorio come l’adeguamento degli impianti di depurazione, il cosiddetto ”Tubone”. Ritenendo che per stabilire se un qualunque nuovo insediamento sia accettabile all’interno di un territorio, definito ad alta criticità ambientale, occorre chiaramente sapere qual’ è il suo stato di salute prima dell’eventuale realizzazione dell’opera. L’esperienza aiuta a non commettere errori già commessi e continuare le buone pratiche. Negli anni 1997-’98 la popolazione ebbe un ruolo importantissimo partecipando attivamente alle scelte strategiche per il territorio, attraverso la concertazione. Fu stabilito di sottoporre il progetto di ampliamento del depuratore della Cuoiodepur ad una Commissione insediata in San Miniato che si avvalse di uno studio dettagliato di tipo preventivo che valutò se esistevano ulteriori capacità del territorio di sopportare un nuovo impatto per le zone residenziali. Abbiamo preteso allora le massime garanzie ed accettato le conclusioni dello studio svolto dal Centro locale Arpat, che aveva la conoscenza reale ed esperienziale del territorio e le professionalità per tale compito. Rileggendo gli atti pubblici depositati che furono illustrati e discussi con la popolazione risulta che, partendo dal presupposto vincolante che la realizzazione dell’opera doveva effettuarsi a condizioni di una riduzione dell’impatto rispetto alla precedente situazione per gli abitanti, lo studio arrivò alla conclusione che esistevano azioni rigorosamente da rispettare per la compatibilità ambientale dell’opera come abbassamento dei limiti emissivi (rispetto a quelli previsti dalla normativa), accorgimenti tecnici strutturali, adozione misure preventive ulteriori rispetto a quelle che imponeva la normativa, istituzione di un organo di controllo tecnico e di tipo preventivo. Organo che si configurò con il Centro di Prevenzione e Telerilevamento che ebbe il compito di controllare che le prescrizioni fossero rispettate, mantenute nel tempo e per sempre. La scelta condivisa ha assicurato alla popolazione, dopo lunghi anni di sofferenza e disagio, effetti benefici e una maggiore qualità della vita. Per questo motivo non possiamo condividere il percorso decisionale, che potremmo definire ”all’incontro”, come quello attuato per il Pirogassificatore o per l’ impianto a Biomasse. Percorso, che palesemente mette al primo posto l’obbligo di realizzare l’opera imponendo la scelta come indispensabile e decidendo, prima, dove deve essere realizzata, a prescindere dal fatto che il territorio possa essere già saturo. Gli abitanti della zona del Comprensorio del Cuoio hanno compreso benissimo, provandolo sulla propria pelle, in tutti questi anni, che non possono esistere confini per l’inquinamento e in particolare per quello atmosferico, che può derivare dall’opera del Tubone o del Pirogassificatore o dell’impianto a Biomasse. Per questo motivo al primo posto del programma, condiviso, di legislazione delle forze di maggioranza montopolesi, vi era la mappatura dettagliata del territorio, auspicando con forza che la stessa fosse estesa al tutto il comprensorio. Premessa indispensabile per valutare la possibilità di insediamento di ulteriori opere. Nel maggio 2009, anche se alla fine della legislatura, l’ assessore all’ambiente di Montopoli aveva preteso nel programma dell’ Arpat,convincendo gli assessore degli altri comuni, le mappature dell’inquinamento atmosferico. Questo per rispondere, con la conoscenza dettagliata del territorio, sia alla necessità di pianificare le azioni che per dare risposte e conoscere le cause di patologie emergenti quali le leucemie. Tanto che era iniziata una prima mappa per il comune di Montopoli e molti cittadini, cui ora dobbiamo risposte, hanno dato la propria disponibilità a fornire l’energia elettrica per alimentare il mezzo mobile. Sarebbe giunto il momento di conoscere gli esiti di questo studio. Quindi, non avevamo e non abbiamo alcun preconcetto verso qualsiasi insediamento, ma il metodo di lavoro deve essere quello della concertazione ed effettiva partecipazione della popolazione, accompagnato da strategie e modalità operative che assicurino opere sostenibili,sicuramente non peggiorative della situazione ambientale, ma si auspica migliorativi, come negli anni novanta. Siamo sempre più convinti che la battaglia condotta per mantenere, anzi rafforzare, la presenza in zona dell’Arpat era giusta e motivata e non può venire meno ora che siamo di fronte a scelte che segneranno il futuro del nostro territorio. Questa riflessione vogliamo sottoporla, innanzitutto, alla popolazione, ed anche agli amministratori locali e non solo, che dimostrano di avere realmente a cuore la tutela del territorio, la salute dei cittadini e lo sviluppo economico ecosostenibile e socio-sostenibile. Sarebbe stato logico, da parte dell’amministrazione Provinciale, prima di autorizzare qualsiasi sperimentazione, dotarsi di una mappatura dell’inquinamento che definisse lo stato attuale del territorio in modo da avere dati oggettivi per giudicare la fattibilità dell’opera e il suo reale impatto. Una mappatura che potrebbe essere realizzata senza costi aggiuntivi solamente utilizzando strutture e istituzioni pubbliche. Ci domandiamo, infine, a chi giova introdurre nuove attività che non hanno niente a che vedere con il nostro territorio? Se può essere condivisa la scelta di chiudere la filiera della depurazione delle acque conciarie con il trattamento dei fanghi all’interno del Comprensorio. Siamo, invece, convinti che sia più corretto che l’ambito territoriale si appropri di una programmazione per il trattamento dei materiali e degli scarti di lavorazione delle proprie attività e del tessuto urbano. Questo deve avvenire anche nell’ambito agricolo, dove ha senso utilizzare gli scarti se provengono da attività agricole tipiche del territorio, invece di indurre gli agricoltori a monoculture invasive in funzione solamente di produrre energia, arrivando al paradosso di richiamare inquinamento sul territorio utilizzando prodotti che vengono da fuori. Giustamente gli abitanti non solo sono preoccupati dello scempio del paesaggio, ma anche per le conseguenze che queste scelte hanno sull’ecosistema e la salute dei cittadini, oltre che contraccolpo sul fronte del turismo. Iniziative messe in atto solo per interessi privati e che funzionano fino a quando ci sono incentivi statali, cioè soldi dei cittadini che vengono informati solo a decisioni prese, senza essere coinvolti in un processo di concertazione. (Meditazione su: Il Comprensorio del Cuoio nella morsa delle polemiche ambientali. Perché? Di Maria Vanni e Giuseppe Novino).

 

B  R  U  T  T  A       A  R  I  A

 

 Il comprensorio

 

si sveglia sotto una coltre

 

di nebbia nauseabonda

 

soprattutto nella zona di Santa Croce.

 

Tira una brutta aria

 

e non mancano le proteste

 

C’è qualcosa di anomalo nell’aria.

 

-Renzo   Mazzetti-

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