PUREZZA

 

SABATO, 24 SETTEMBRE 2011

PUREZZA

 

Il contatto del poeta con l’oggetto, tenendo fede al primordiale che è in lui, non può non venire dal mondo infantile, dalla verginale quotidiana esperienza che i bambini fanno: in esse risiede il canto della ninna nanna e del mito della favola, primi elementi delle caratteristiche fondamentali della sua poesia che sono appunto la musica e la tradizione popolare. E’ su questi elementi che si sviluppano gli altri nell’ampliamento del tono epico della poesia, come oggetti sempre captati però nel loro carattere assoluto perché mantengano la naturale critica vitale; così spontaneamente freme in essi il sentimento verginale della vita….

 

E il quadro della natura è lo specchio di questo mondo: mare, campagne, monti o città illuminate dalla luna o arse dal sole. Una natura che vediamo crescere in tratti sempre più marcati…

 

Nell’ambiente primordiale si diffonde puro e genuino il valore della musica, che è voce anch’essa di natura, capace di rendere il linguaggio più carico di spontaneità: ed è la musica appunto la chiave di volta dell’ideale poetico, che si apre dall’intimità per sciogliersi in discorso, in dialogo, in rappresentazione. Assistiamo, in pratica, grazie alla musica, ad un processo di metamorfosi, nel graduale sviluppo di una poesia che si fa teatro: un processo sotto forma di favola…

 

In questa evoluzione della poesia che si fa teatro non si deve osservare soltanto l’elemento tecnico, come quello di una precisa divisione delle parti nel dialogo poetico (cosa che si verifica appunto nelle scene), ma l’insieme della poesia, lo sfondo, l’ambiente che rende in maniera ancor più vasta la teatralità della poesia: si può anzi affermare che, quanto quelle scene si fanno meno evidenti per schematicità, tanto più cresce il quadro, il fondo teatrale della poesia. Sempre più l’ideale della poesia va a coincidere con quello del teatro, perché il teatro è la poesia che si eleva dal libro e si fa umana. (meditazione sulla introduzione di Claudio Rendina sulle poesie di Federico Garcia Lorca, casa del libro melita).

 

 

 

UN  OPERAIO  CHE  LEGGE  SI  DOMANDA

 

Chi ha costruito Tebe,

 

la città delle sette porte?

 

Nei libri s’incontrano i nomi dei re,

 

ma sono i re che hanno portato le pietre?

 

E babilonia così spesso distrutta, chi l’ha costruita

 

tante volte? In quale case di Lima,

 

la città dorata,

 

vivevano dunque i suoi costruttori?

 

E la sera in cui fu terminata,

 

dove se ne andarono a dormire

 

i muratori della Muraglia cinese?

 

Ecco Roma: è piena di archi trionfali.

 

Ma chi li edificò?

 

Su chi trionfarono i cesari?

 

E Bisanzio, la tanto decantata

 

Bisanzio, aveva forse palagi

 

per tutti i suoi abitanti?

 

Nella stessa favolosa Atlantide,

 

la notte in cui fu sommersa,

 

gli annegati chiamavano con grida

 

i loro schiavi.

 

Il giovane Alessandro conquistò le Indie.

 

Era solo?

 

Cesare vinse i Galli.

 

Ma non aveva con sé un cuciniere?

 

Filippo di Spagna pianse

 

quando la sua flotta calò a picco.

 

Ma non ci fu nessun’ altro che pianse con lui?

 

Federico II vinse la guerra

 

dei Sette Anni,

 

ma quali altri la vinsero?

 

Ad ogni pagina una vittoria.

 

Ma chi preparò il festino?

 

Ogni dieci anni un grand’uomo.

 

Ma chi ne pagò le spese?

 

Tante vicende,

 

tanti problemi.

 

-Bertolt Brecht-

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