POETA DEI BIMBI POVERI
DOMENICA, 30 MAGGIO 2010
POETA DEI BIMBI POVERI
Ve l’immaginate un uomo anziano (come, ahimè, il
sottoscritto) intento a leggere e a rileggere, con grande serietà, un libro di
poesie per bambini? Ve l’immaginate una famiglia tutta di grandi, dove il più
giovane ha 28 anni e la più vecchia 87, contendersi questo libro? Che vuol
dire, ciò? Viol dire che quel libro, non è solo per bambini: è un libro
collocato in una zona di umanità elementare che non ha età, se il bimbo pensa
già come l’adulto e l’adulto si commuove ancora come un bambino. Il
sottoscritto non riesce, stamattina, a scrivere la sua pagina di storia: non la
scriverà se prima non avrà scritto per Il libro delle filastrocche. E’ un libro
di 64 pagine in blu, in rosa, in giallo, in verde; dove in ogni pagina c’è una
poesia, e intorno alla poesia una festa di disegnini che t’incanta. Due poeti:
Gianni Rodari, che ha scritto le filastrocche, Giulia Mafai, che le ha illustrate.
In città non canta il galletto, è il primo tram che ti sveglia dal letto e
porta col primo tram gli operai, col secondo gl’impiegati, col terzo gli
scolaretti. Quando essi si affacciano dallo sportello, tutti nelle botteghe e
per le vie sono al lavoro. Sono all’opera tutti i mestieri. Il bimbo li
riconosce dai colori: Io so i colori dei mestieri:
Qua la bottega dello stagnino; più in là è l’arrotino; passa lo spazzacamino che è bianco solo un poco alla festa e un poco al mattino perché, nel rimanente, di bianco gli resta solo il bianco degli occhi; e c’è il vecchio muratore che ha girato mezzo mondo – con la cazzuola e il filo a piombo, che ha fabbricato con le sue mani, cento palazzi di dieci piani; ma non ha oggi che una catapecchia dalle pareti di legno e dalle finestre senza vetri, mentre nella grande città sono allineati i palazzi che lui ha fabbricati.
Cosa fanno… chi? Chi sono questi uomini cattivi che scopano il vecchio spazzino? Sono quelli che abitano nei cento palazzi di dieci piani che il vecchio muratore ha costruiti… E chi è il poeta che dice queste cose?… E’ un poeta maledetto!… Il suo nome è un nome esecrato che i ragazzi educati negli oratori non devono nemmeno pronunziare ( come il nome del Calendario che divulga tra il popolo la storia e la scienza ): è quello di Gianni Rodari, che con Dina Rinaldi dirige Il Pioniere, diabolico giornale pei ragazzi pubblicato da quella infernale API che turba il sonno di tanti monsignori… Non sta bene dire queste cose: in tutti i libri di lettura per i bambini si era sempre, finora, parlato di fabbri, di muratori, di spazzini, eccetera… ma, così, come se quegli uomini si divertissero a fare i fabbri, i muratori, gli spazzini, eccetera… belli da vedere: non altro. Non uomini con sofferenze, ma cartoline illustrate, marionette… No, nei libri di lettura non si parla mai della povertà ingiusta, delle cattiverie che gli uomini ricchi compiono a danno degli uomini poveri: non si vuole mai che il bimbo si domandi il perché di quelle ingiustizie, il perché della miseria in casa sua, il perché della tristezza del sabato sera.
Tristezza… Ma un giorno è qualche cosa di più che la tristezza. Una cosa tremenda, mostruosa accade… Da quel giorno il bambino non può giocare più, se pensa a quella cosa… E’ accaduto al bambino di Modena…
I bimbi poveri, i figli degli operai, quello che a Ferragosto rimane un città ( chi va al mare ha vita serena – e fa i castelli con la rena- chi va ai monti fa le scalate – e prende la doccia alle cascate…- E chi quattrini non ha? – solo solo resta in città), quello che a Natale sogna l’albero dei doni e, svegliandosi, trova solo un alberello di brina sui vetri, quello a cui la Befana non ha mai portato un dono, hanno il loro poeta: Gianni Rodari. Poeta dei bimbi poveri: un titolo da invidiare. Titolo grande per un poeta gentile: poeta di grande ricchezza e freschezza di immagini; poeta che ama i fiori e i giochi dei bimbi, e i loro nastri rossi e blu, la campanella della scuola e i racconti delle fate, sissignore, che sono scappate dal mondo, perché erano disoccupate e nessuno le voleva ascoltare. Tutto il giorno le povere fate se ne stavano imbronciate – nel castello diroccato ad aspettare – che qualcuno le mandasse a chiamare… Girava il mondo per loro, in cerca di lavoro, una povera streghina magra come uno stecco, che tremava di freddo perché era senza paltò e quando le fate la vedevano tornare l’assediavano, ansiose, di domande: ma, ahimè, il discorso della poverina era ogni giorno lo stesso: una cosa seria, altro che storie! Fame, freddo, miseria…
Questo libro di poesia spruzzato di polvere d’oro e raggi di sole, ricco di uccellini, di fiori, di deliziose bagattelle, di amore per l’umanità, di incitamento alla lotta per il bene, di elogio del lavoro, bisogna impararlo tutto a memoria, lettori grandi e piccini…
-Matteo delle Oche- il calendario del popolo, il libro delle filastrocche, luglio 1951.
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