TEMPORALE

mercoledì, 30 settembre 2009

TEMPORALE

Cinque ore di cannoneggiamento occorsero per aprire la breccia che consentì di entrare in città ai bersaglieri e ai reparti della fanteria italiana; incontrarono una lieve resistenza delle milizie straniere che cessarono il fuoco per ordine del Papa; così si avverava l’auspicio di Cavour che riteneva necessaria Roma all’Italia. Pio IX condannò aspramente l’atto con cui vide sottrarsi il secolare dominio su Roma: si ritirò in Vaticano, dichiarandosi prigioniero fino alla morte e intimò ai cattolici – con il celebre decreto non expedit – di non partecipare più da quel momento alla vita politica italiana. Il Parlamento italiano, per cercare di risolvere la questione, promulgò nel 1874 la Legge delle Guarentigie, ma il Papa non accettò la soluzione unilaterale di riappacificazione. La presenza in Italia del Papato, centro della Chiesa cattolica, e le particolari vicende politiche e militari che condussero alla formazione della unità italiana hanno, per un lungo periodo di tempo, conferito al problema delle relazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa una asprezza tale da farne indubbiamente uno dei problemi politici più gravi della nostra storia risorgimentale e post-risorgimentale. Non soltanto, ma è avvenuto anche qualche cosa di più, è avvenuto, cioè, che il problema si è allargato e snaturato, sino a porre un secondo, distinto, problema, che non era più dei rapporti tra le due sovranità, civile ed eclesiastica, ma addirittura della compatibilità nelle stesse persone dei doveri del cittadino italiano e del cattolico osservante. Certo, la intransigenza clericale nei confronti del moto liberale, rappresenta un fenomeno di carattere generale per quell’epoca, comune cioè all’atteggiamento della politica vaticana e dei gruppi ad essa più direttamente legati di fronte ai motivi, ideologici e pratici, della rivoluzione liberale, nei vari paesi dell’Europa. Ma, da noi, a questo elemento di carattere generale, un altro se ne è aggiunto, e peculiare all’Italia: giacchè qui la definitiva affermazione del moto liberale non poteva aversi che insieme con la unificazione dei vari Stati della penisola in un solo Stato, e tra i vari Stati della penisola c’era lo Stato Pontificio, il movimento liberale unitario doveva fatalmente venire a cozzare contro il fatto della esistenza di uno Stato della Chiesa avente sede in Italia. Difatti le annessioni al Regno delle provincie pontificie, tra il ‘ 59 e il ‘61, e più ancora, nel 1870, l’occupazione di Roma e la proclamazione di Roma capitale d’Italia segnarono un acutizzarsi del conflitto tra Stato e Chiesa, tra i gruppi progressisti e circoli clericali, e la cosidetta “ questione romana “ rimase come una palla di piombo ai piedi ad inceppare i primi passi del giovane Stato italiano unitario. La presa di Porta Pia, il 20 settembre 1870, determinò due reazioni opposte, ma concorrenti allo stesso risultato di scatenare la polemica clericale e anti-clericale: negli uomini del Partito d’Azione malcontento e irritazione per il modo in cui era stata condotta – dalla destra al potere, sotto il pungolo della sinistra – l’azione per la presa di Roma. Il Carducci espresse con efficacia questo stato d’animo nel passo famoso: “ Oh ! L’ entrata in Roma ! Il Governo d’ Italia salì per la via Trionfale come fosse la Scala santa, ginocchioni, con la fune al collo, facendo delle braccia croce a destra e a sinistra, e gridando mercè – non posso fare a meno: mi ci hanno spinto a calci di dietro “. 

L’anniversario non è stato celebrato!

A  GIULIO  PERTICARI
O se tu genio presente
Qui fra’ tuoi respiri e vivi,
O se cerchi ombra silente
Il gran Tebro e i sette clivi,
Del tuo nido Compitano
Salve, o Giulio, eterno amor,
O del bel nome romano
Salve pio restitutor!
Quando a terra come armenti
Ci premea l’estrania soma,
Quando favola a le genti
Il retaggio era di Roma
Tu gridasti – Odio ed oblio,
Popol mio, ti separar:
Ma un sol nome Italia bella
Tuona e appella fra i due mar.
Dal Simeto sino al Varo
Solo un nome ti saluta
Ne l’eloquio altero e caro
Che passò per l’età muta,
Che de i padri su gli avelli
L’alma Roma ci lasciò:
Sacra Italia! Siam fratelli,
Sovra l’Arno e sovra il Po!-
Tu gridasti: ed or non tanto
Il tuo bel nido natio,
Ma, cessato il lungo pianto,
Ma raccolta in un desio,
Tutta Italia rediviva,
D’un affetto e d’un pensier
Te saluta anima diva
Co ‘l Petrarca e l’Alighier.
GIOSUE CARDUCCI





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